Il tour di Panorama Olivia, disco d’esordio dell’artista romana, fa tappa il 13 settembreall’Anfiteatro delle Cascine per il Firenze Jazz Festival. Ci attende un viaggio sonoro tra elettronica e dream pop, sospeso tra città e natura, sogno e realtà.

Il tuo lavoro concilia la formazione accademica con l’intenzione, riuscitissima, di arrivarea tutti gli ascoltatori. Come si trova l’equilibrio perfetto tra questi due mondi?

«Il fatto che si arrivato a così tante persone è stata una sorpresa. All’inizio volevo provare a farequalcosa di pop, venivo da un progetto di musica più di nicchia e cercavo un linguaggio diverso.Non c’è una pozione magica. Dopo il liceo mi sono resa conto che volevo fare musica e mi sono messa a studiare, ma avevo suonato, cantato e scritto tutta la vita. Il lato accademico è arrivato solo con il conservatorio. Forse la spiegazione è che di musica “colta” ne ho ascoltata e suonata, però provengo da altro: ecco la fusione di questi mondi».

La tua immagine pubblica è molto “lieve”. Il tuo volto si vede solo di rado e anche sulpalco non sei al centro: è un modo per riportare la musica al centro dell’attenzione?

«Costruire la propria personalità viene da sé e fare musica è totalizzante. In questo senso civuole leggerezza ma anche mettersi lì con olio di gomito e lavorare. Per quanto riguarda l’immagine, all’inizio mi vergognavo un po’. E come tutti si nascondono dietro qualcosa, materiale o meno, io ho scelto il cappellino. Senza voler costruire troppo l’immagine, ho voluto che la mia musica fosse tanto “interpretabile” quanto anche autentica, sincera. Sento che la realtà musicale contemporanea in Italia è enfatizzata ma a volte trascura la musica che dovrebbe esserne l’elemento centrale. A me piace che anche gli altri musicisti con cui sto portando l’album in giro abbiano visibilità, non voglio quel distacco per cui io sto davanti e loro dietro».

Cosa aggiunge alla tua ricerca musicale la collaborazione con altri artisti (recente quella con i Delicatoni) e il lavoro di compositrice per il cinema?

«Le collaborazioni artistiche più che ricerche timbriche o strettamente musicali lo sono dal lato umano, nel cercare quella sinergia con le persone giuste per cui la musica prende vita in un modo tutto suo. Nel cinema sento che la ricerca sonora riesce ad avere più sviluppo. Quando lavoro per le immagini mi capita spesso di provare nuove cose, sperimentare, cosa che non è sempre il caso nelle collaborazioni musicali».

Ti senti a tuo agio nella line-up di un jazz festival?

«Per quanto non mi ritrovi a pieno nella casella del jazz che mi affibbiano, mi piace suonare nell’ambiente di un jazz festival perché le persone che vanno lì per ascoltare hanno un’attenzione in qualche modo diversa. Non che gli ascoltatori rock siano meno attenti! Ma è sempre bello cambiare pubblico e vedere come reagiscono le persone, come si ritrovano in quello che suoniamo».

Cosa farai nei prossimi mesi?

«È più di un anno che stiamo girando, sono contenta ma è bello anche chiudere un capitolo einiziarne uno nuovo. Ci sarà una data di chiusura simbolica in Santeria a Milano con alcunesorprese. Sto buttando giù appunti per le prossime produzioni ma mi prenderò il tempo chesento essere giusto, non solo per i ritmi del mercato, ma per fare quello che ho in mente».

Crediti fotografici: Stefano Delia