Domenica 18 maggio al PARC delle Cascine, Marco Parente si esibirà all’interno della rassegna Mixité con il suo nuovo Album, Vulcani in pace, un progetto che unisce musica, arte e scienza, mettendo al centro un tema urgente e attuale come quello dell’emergenza climatica. Questo progetto segna la prima collaborazione del cantautore con Paolo Cattaneo, musicista, cantautore e performer elettronico ma anche l’incontro con lo scultore britannico Jason deCaires Taylor, noto per i suoi interventi di sensibilizzazione ambientalista sull’acidificazione dei mari, che ha firmato l’artwork dell’album. “Tutto nasce da un incontro con Paolo, d’improvviso, al momento giusto. Da lì è stato un susseguirsi di coincidenze creative” ha dichiarato Marco Parente per descrivere la nascita del suo nuovo progetto, quella che doveva essere una collaborazione su pochi brani e invece è diventato un album di nove tracce organiche e compatte.

Il contributo di Jason deCaires Taylor, celebre per le sue opere installate sui fondali marini, pensate in modo che possano trasformarsi in barriera corallina artificiale per supportare l’ecosistema marino e la popolazione locale che da esso dipende, è quello di portare l’attenzione sull’emergenza climatica, nello specifico sul processo di acidificazione delle acque marine. Durante la creazione di Vulcani di Pace, la tematica ambientale è diventata centrale e parte del processo creativo che è stata affiancato e appoggiato da ricerche universitarie (da Milano a Padova, fino alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli) con a capo figure di esperti quali Camilla Della Torre, Silvia Giorgia Signorini, Marco Munari e Fabio Crocetta. Gli studi scientifici condotti dai ricercatori durante la stesura dell’album sono quindi pienamente in linea con l’immaginario identificato dalla musica, dai testi e dalle immagini di Jason deCaires Taylor, in un connubio inedito e ricco di significati.

Vulcani in Pace è un titolo che vive di contrasti: esplosione e quiete, distruzione e delicatezza. Da dove nasce questo accostamento e cosa significa per te oggi?

Vulcani in pace è un riferimento a quell’evento raro in cui l’inquietudine creativa trova una soluzione, una sorta di respiro, una pausa tra una guerra e un’altra.

Hai definito le canzoni del disco come “particelle” che si incontrano una sola volta ma si ricordano per sempre. Che rapporto hai con l’improvvisazione e con l’idea dell’irripetibilità dell’esecuzione musicale?

Non credo nell’improvvisazione, credo piuttosto in quel momento creativo nel quale ti distrai da te stesso. Per chi come me scrive canzoni, ripeterle è normale ma l’ambiente, le persone che ti trovi davanti e soprattutto la temperatura dei tuoi pensieri rende quella stessa canzone sempre leggermente diversa dall’originale. La musica, se non è di maniera, sfugge al controllo di chi l’ha scritta e va dove vuole, come i sogni.

Il progetto è nato con Paolo Cattaneo, ma doveva essere solo una collaborazione su un paio di pezzi. Cos’è successo lungo il percorso che vi ha portati fino a un album intero?

Semplicemente ci è sfuggita di mano la situazione!

Dal vivo porterai sul palco anche registratori a nastro, una scelta inusuale oggi. Cosa ti affascina di questo strumento e del suo rapporto col tempo e con la memoria?

Sono un musicista che nasce con l’analogico e ancora oggi uso il digitale con un approccio analogico, come per esempio nello spettacolo Il rumore dei libri dove ho inserito molti registratori a cassetta con voci di poesia sonora dell’archivio Baobab. A onor del vero l’utilizzo dei vecchi quattro piste a cassetta nel caso dei Vulcani è tutta un’idea di Paolo che io, con entusiasmo, ho ripreso per il live in solo. Trovo molto adatta e affascinante l’idea delle vecchie cassette, ho la sensazione della scoperta archeologica, come di un reperto riemerso dal passato.

La componente visuale curata da Fabio Rosseti e le immagini sottomarine di Jason deCaires Taylor creano un immaginario molto forte. È importante per te la dimensione visiva nella resa di un progetto musicale?

Solo se nasce da una forte urgenza creativa di dare luce e immagine al gesto musicale. Esteticamente non mi interessa, ma nel disco c’è un filo sottile che lega arte, musica e scienza.

Come si è intrecciata la collaborazione con i ricercatori che studiano l’acidificazione marina?

Tutto il lavoro dei Vulcani in pace è costellato di associazioni creative e questo a volte sconfina dal proprio ambito, da cosa nasce cosa…

Hai alle spalle una carriera che ha attraversato molte forme – dai dischi in solitaria al teatro, dalla poesia alla performance. Cosa ti spinge ancora oggi a esplorare nuove zone artistiche?

Il mio sogno estatico è sempre lo stesso: non essere più lì quando si realizza.

Peace è una traccia composta da una sola parola, un gesto minimale, ma anche molto ostinato…

Come nei mantra religiosi la ripetizione è meditazione, la meditazione è pacificazione che dura…finché dura!

Nel tuo percorso artistico la fragilità è spesso una forza, un elemento costruttivo. In un’epoca che tende a nasconderla, quanto è importante per te farne materia viva del tuo lavoro?

Forse la fragilità è l’altra faccia del coraggio, ma non ci giurerei!

Come vivi questo ritorno e cosa ti aspetti dal pubblico del PARC delle Cascine?

Di trovare la magia giusta prima di salire sul palco!

Il live di domenica si preannuncia un vulcano di emozioni, suoni e immagini che coinvolgeranno l’ascoltatore portandolo a soffermarsi su tematiche urgenti. L’evento si svolgerà nell’ambito della rassegna Mixité – Suoni e voci di culture antiche e attuali, realizzata da Toscana Produzione Musica, centro di produzione musicale attento alle sonorità del mondo, con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Toscana e Fondazione CR Firenze.

 

Info: https://parcfirenze.net/marco-parente-vulcani-in-pace-mixite/