Aprile segna a Firenze l’arrivo della Street Parade, manifestazione che anima la città di danza, musica tekno e carri festivi. La festa è intesa come momento di collettività e libertà, ma anche di riappropriazione dello spazio pubblico. Movimenti dal basso, come a Firenze la rete di collettivi Wish Parade, ne sono fautori, ma ad oggi minacciati dal decreto Meloni (art. 633-bis) con sanzioni e detenzioni. È questo che racconta il documentario “Antirave”, autoprodotto da §AME (Carlo e Pietro Spini) in collaborazione con Smash Repression, e lo fa anche molto bene. Distribuito in open streaming sulle piattaforme Zalab e Openddb, il corto alterna immagini di danza e musica tekno alle parole di Vanni Santoni, autore di “Muro di casse”, e momenti di attivismo.
“Antirave” racconta i free party attraverso una chiave di lettura diversa, raccontateci com’è nato il progetto
«Il progetto di “Antirave” è nato per caso nell’autunno del 2023, quando partecipammo alla Street Parade di Modena, poco dopo l’emanazione del decreto 633-bis. Ci trovammo di fronte a una vera esplosione di colori e suoni, una sfilata di camion, trattori e decorazioni che riempivano la città: la festa aveva preso il sopravvento. Da quel momento, abbiamo cominciato a seguire e filmare le Street Parade organizzate da Smash Repression nel 2024, senza alcun piano preciso o l’intento di creare contenuti. Alla fine, riflettendo sul materiale che avevamo raccolto, abbiamo deciso di realizzare il documentario.»
Il decreto contro i rave party è stato il primo provvedimento emanato dal Governo Meloni. Come viene percepita questa repressione a vostro parere?
«A nostro parere questo decreto sta limitando la libera espressione e compromettendo lo spazio pubblico, mentre per noi i free party possono rappresentare uno spazio di aggregazione. C’è un aumento degli interventi delle forze armate, spesso con violenza eccessiva, che minano queste libertà, anche per gli eventi festivi. Adesso le proteste possono portare a detenzioni e sanzioni, vengono viste come atti di terrorismo, mentre i sound system sono considerati al pari di armi, non strumenti di resistenza pacifica. La paura delle feste ha portato alla loro criminalizzazione, a causa della loro resilienza e capacità di adattamento.»
Qual è il messaggio che vorreste trasmettere con “Antirave”?
«La nostra intenzione è quella di ricostruire radici culturali per fermare una frana, evitando che il progetto diventi un’iniziativa commerciale, in quanto si rischia di compromettere il messaggio originale di una subcultura che lo sostiene da anni. Preferiamo che il film venga mostrato in spazi di dibattito e partecipazione collettiva, che non sia un semplice intrattenimento, ma bensì un contenuto educativo. Siamo felici che il documentario abbia suscitato interesse e richieste di proiezione. Crediamo che la festa sia un evento aperto e accessibile a tutti, e desideriamo che lo stesso valga per il documentario, per il quale non richiediamo un diritto di proiezione. Ora desideriamo renderlo ancora più accessibile, distribuendolo su due piattaforme indipendenti di streaming.»
Il vostro documentario ha visto la collaborazione con Smash Repression e Vanni Santoni, in che modo hanno contribuito a dare voce al vostro messaggio?
«Durante le riprese non eravamo in contatto con Smash Repression, i primi rapporti sono nati quando ci siamo presentati alla chiamata nazionale a Roma al Forte Prenestino nel 2024, avviando poi una diffusione dal basso del contenuto. La loro visione punta a un percorso politico innovativo: le feste possono diventare una forza trainante per comunicare messaggi significativi. Per quanto riguarda Vanni Santoni invece, da anni approfondisce la scena underground e le controculture. Avendo avuto l’opportunità di conoscerlo, gli abbiamo proposto di collaborare. Siamo soddisfatti perché la sua narrazione ha dato un significato profondo ai filmati del documentario.»
A Firenze è nata la Wish Parade, che ha saputo unire una rete di collettivi e realtà locali per la ripresa degli spazi pubblici con presidi sonori e l’organizzazione della Street Parade. Una risposta collettiva quindi alla repressione delle manifestazioni di divertimento, ma non solo. Cosa vi immaginate in un futuro e quali sono i vostri “movimenti” anti-repressivi?
«Attualmente percepiamo una forte inquietudine nelle nuove generazioni, ma siamo convinti che la festa possa continuare a rappresentare uno spazio di libera aggregazione. Nel nostro settore, l’autoproduzione sta diventando sempre più significativa: creare una rete di persone reali, offre anche un senso di protezione maggiore rispetto a chi opera solo nel digitale. Questo approccio ci consente inoltre di rimanere liberi, adattandoci ai social media, pur riconoscendo il rischio di censura. Vogliamo mantenere viva la cultura underground, creando relazioni dal basso e condividendo messaggi autentici. Recentemente, ci stiamo concentrando sulla formazione, producendo contenuti educativi per dimostrare a giovani (e non solo) che è possibile auto-organizzarsi con risorse limitate per realizzare progetti creativi e autentici.»
Infine, ci dite due parole su §AME, che avete fondato e con cui avete prodotto anche “Antirave”?
«Abbiamo fondato lo “studio nomade” §AME con lo scopo di autofinanziare le produzioni documentaristiche, attraverso le nostre professioni di graphic designers e illustratori. Il “nomadismo” è il nostro storytelling politico, oltre ad un lifestyle a basso budget, e rappresenta una modalità di pensiero che ci consente di adattarci ai cambiamenti e di crescere. Non disponiamo di una struttura fissa per le produzioni; come suggerisce il nome, il nostro studio è, infatti, nomade e non ha una sede fissa. Ciò che conta è essere presenti nei luoghi in cui realizziamo le riprese. Un esempio è anche “Antirave”, il cui montaggio è avvenuto in giro per l’Italia.»
https://www.instagram.com/same.studionomade/
https://www.zalabview.org/films/antirave
Photo credits: §AME dal documentario Antirave