«Ascoltate le mie parole: proteggiamo la terra-foresta.
Il pensiero dei bianchi è pieno di ignoranza.
Non smettono di saccheggiare la terra in cui vivono
e di trasformare le acque in cui bevono in pantani.
Esiste un solo cielo e bisogna prendersene cura
perché se si ammala tutto finirà».

Cit. La caduta del cielo, Davi Kopenawa, Bruce Albert
(ciclo di vetrofanie del progetto Anfiltered, una collaborazione Museo Antropologico e IED)

 

Difficile far rientrare nei consueti itinerari mordi e fuggi o nelle mete di culto del turismo alternativo il Museo di Antropologia e Etnologia. Un po’ per la posizione, troppo “di passaggio” fra il Duomo e il Bargello. Un po’ perché, forse, lo accompagna una sorta di stigma: rappresentare un presidio del colonialismo. «Una colonialità eclatante e millimetrica, pubblica e domestica, che abbiamo interiorizzato nel nostro ordinario, e che abbiamo la necessità di comprendere e trasgredire in tutti i luoghi in cui si esprime», secondo Sivia Grechi, autrice di Decolonizzare il museo (Mimesis, 2021). È davvero così?

Fondato da Paolo Mantegazza, eclettico quanto controverso intellettuale del XIX secolo, nel 1869, ebbe in dono le collezioni di oggetti provenienti da popolazioni lontane che si erano accumulate sotto il casato dei Medici e quello dei Lorena. Una delle più importanti si deve però a un altro pioniere italiano dell’antropologia e una sorta di travel blogger ante-litteram: Elio Modigliani. Egli, oltre i poco lusinghieri intenti, si è profondamente immerso nella realtà dei luoghi visitati nel periodo tra il 1886 e il 1894, documentandone con minuzia l’umanità e la cultura, mettendo in discussione la supposta superiorità ed evitando l’appropriazione indebita di manufatti e saperi.

Le sue testimonianze ci arrivano a una serie di isole dell’attuale Indonesia, ossia Nias, Engano, Mentawei. Ha scritto volumi e raccolto oggetti, oggi esposti, di cui possiamo apprezzare il valore artistico e il fascino antiquario, con il distacco storico (e politico) che gli oltre cento anni di distanza ci permettono. Attraverso queste testimonianze possiamo recuperare e perché no, ricontestualizzare, culture che, pur estinte, possono conservare memorie di possibili altrove. La nostra guida, Francesca Bigoni, nel testo Elio Modigliani in Indonesia: Nineteenth century views of natives and Dutch colonizers (F. Bigoni, F. Barbagli, 2023), scrive: «Elio Modigliani era un individuo complesso, di mentalità aperta e pragmatico. Nei suoi incontri con i nativi, non poteva (e non lo fece) fare affidamento sulla forza militare, ma usare l’empatia, il senso di umorismo e la sua capacità di adattarsi alle circostanze. Ma non dobbiamo dimenticare che era anche un viaggiatore della sua età, con un bagaglio di etnocentrismo e pregiudizi». Non c’è però solo Elio Modigliani e il suo approccio etnologico non è l’unico tra le sale di via del Proconsolo: Bigoni ci mostra infatti la collezione da lei personalmente seguita, sul popolo Yanomami. Qui il punto di vista del viaggio si sposta dagli occhi del visitatore a quelli del visitato. Provenienti dal confine tra Brasile e Venezuela, preda della deforestazione selvaggia (quella sì), «gli Yanomami hanno acquistato la coscienza di essere una ‘Nazione Indigena’ […] e sono diventati i portavoce delle popolazioni indigene e i difensori della foresta amazzonica sul palcoscenico internazionale». Insomma un processo resiliente di consapevolezza e resistenza, rafforzato dalla possibilità di essere conosciuto e valorizzato dallo studio accademico. «Si tratta di una collezione importante per le perfette condizioni degli oggetti, per la ricchezza e l’organicità della sua composizione e per l’unicità della cultura Yanomami». (da La collezione della cultura materiale Yanomami, una popolazione dell’Amazzonia, in Il Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze: Le collezioni antropologiche ed etnologiche” Firenze University Press, 2014).

 

Crediti immagine: Museo di Antropologia e Etnologia

Collezione “Asia” , cura di  Maria Gloria Roselli, Abbigliamento maschile dell’Isola di Sipóra, Indonesia. Raccolta Elio Modigliani 1891.