di Roberto Pecorale

James Jonathan Clancy a distanza di sette anni dal suo ultimo lavoro è tornato sulla scena con Sprecato: si tratta del primo disco a suo nome uscito a febbraio su Maple Death Records, l’etichetta da lui fondata e diretta. Scritto e registrato tra Bologna e Londra, l’album nasce dalla collaborazione con il disegnatore Michelangelo Setola, con cui Clancy per un anno ha dialogato in uno scambio di suggestioni tra musica e disegno.

In occasione del suo prossimo live a Firenze, che si terrà il 6 aprile nella prestigiosa Sala Vanni, l’abbiamo raggiunto per fare due chiacchiere.

Bentrovato Jonathan, vorrei chiederti innanzitutto chi, o cosa, è Sprecato.

Di sicuro lo sono io ah ah. A parte gli scherzi, Sprecato è il disco di cui sono più orgoglioso e che mi rappresenta in toto: un piccolo e denso mondo musicale creato durante un periodo intenso di 7 anni dove sono andato incontro a tante emozioni diverse, e che qui si ritrovano raccontate attraverso canzoni “aperte” quasi senza finale.

Mi piacerebbe approfondire il processo di creazione artistica che ti ha accompagnato durante la scrittura del disco, partendo dalle tavole illustrate di Michelangelo Setola. Come si scrive una canzone ispirandosi a un disegno?

Per me è stato abbastanza naturale, perché le immagini mi hanno sempre ispirato visioni e quando arrivavano le scansioni dei disegni di Michelangelo invece di mettere dei paletti mi aprivano dei mondi. Era come avere davanti un costante riferimento che poteva essere da guida alle canzoni.

Sprecato è un disco estremamente denso: dall’ascolto emerge un senso di libertà assoluta, nel non porsi alcun limite abitualmente imposto dai generi, e che pur suonando estremamente attuale, riesce in ogni traccia a trasmettere un respiro profondamente ancestrale.

Non so se ti possa piacere come immagine, ma fin dal primo ascolto ti vedo come una specie di sciamano, un medium che è riuscito a mettere in mano agli eroi della tradizione folk-rock del passato tutto l’equipaggiamento di moduli ed elettronica disponibili oggigiorno per far suonare i tuoi brani.

Intanto ti ringrazio, mi piace molto l’immagine. Di sicuro la strumentazione in questo disco, ma in generale quando scrivo, è semplicemente un tramite per arrivare alla canzone. Volevo che fosse la voce a legare il disco, e facendo il disco soprattutto nella parte finale di arrangiamento mi sentivo molto libero. Alcune canzoni come I Want You, Black & White, Had It All, Out And Alive hanno strutture molto aperte, quasi dei piccoli mantra, sopra alle quali la voce può quasi planare, io almeno le vivo così.

La gestione di un’etichetta permette di avere uno sguardo privilegiato sui meccanismi che muovono la musica tout court: cosa vuol dire oggi avere un’etichetta? In questi anni è cambiato qualcosa?

Diciamo che ti permette di avere anche una visione “realistica” delle cose. La disillusione che hanno molti artist* riesci a schivarla, perché capisci i meccanismi che stanno dietro a molte situazioni. Non per questo necessariamente ne soffri di meno, ma almeno hai delle spiegazioni. Stare dietro ad una etichetta come la mia ha quel sapore a volte di “stare sempre in trincea” a battersi per i dischi che fai uscire… però recuperi energie con il senso di comunità attorno alla label. Questa è una cosa che percepisco e mi fa stare bene. Gli spazi sono sempre meno, questo è sicuramente cambiato, ma quella piccola comunità rimane.

Sei in fissa con qualche musicista o band ultimamente?

Troppi, sempre, al momento sono tornato in fissa con Rafael Toral, erano tanti anni che non sentivo un suo disco così completo e questo Spectral Evolution mi trasporta veramente da altre parti. Quando avevo 18/19 anni avevo scoperto Toral, ma anche molti altri musicisti collegati come Manuel Mota, Nuno Canavarro, David Maranha, tutto il mondo Mego e Touch, e ritrovarlo anni dopo con un disco così “ragionato”, non so, non me lo aspettavo.

Cosa ci aspetta il 6 aprile?

Mi piace tantissimo portare Sprecato dal vivo: è un concerto challenging, intenso, e suonare con questa band (Dominique Vaccaro, Laura Agnusdei, Andrea De Franco) è qualcosa di speciale, ho dentro sempre questa sensazione che non so quanto durerà questa formazione, e quindi vivo ogni concerto come se fosse l’ultimo. Forse perché la scrittura è durata così tanti anni, sento il concerto in maniera diversa, come se ogni parola fosse importante. Il disco lo facciamo abbastanza fedelmente ma abbiamo espanso alcune canzoni e ora che siamo rodati, non so, mi ci perdo dentro tutte le sere.

 

 

Dettagli evento

JAMES JONATHAN CLANCY
Sabato 6 aprile ore 21,15

Sala Vanni – Piazza del Carmine, 14 (Firenze)
info: https://www.facebook.com/events/1385547358761251

 

Link

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https://mapledeath.lnk.to/JJCSprecato
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foto di copertina: JJC Press Shot 4 BW small di Carolina Martines