Un anno di esposizione e visibilità, il 2022, per il Museo degli Uffizi. Un anno – certo – anche di polemiche, tra influencer (per così dire) molesti e cambi al vertice dei Beni Culturali che lamentano chiusure improvvise o troppi ingressi gratis. Ma è forse tutta qui la strategia promozionale di uno dei poli culturali e museali più importanti al mondo? Spoiler: no, niente affatto. Piccola nota personale. È strano come lo stesso giorno dell’intervista che segue, una giovane amica, studentessa di Scienze della Comunicazione a Siena e laureanda in semiotica, mi stesse proprio dicendo che l’argomento della sua tesi magistrale sarà il profilo Tik Tok del Museo degli Uffizi. “Il primo museo su Tik Tok” mi rivela l’intervistato. Ed è altrettanto strano che ciò che sembra così lontano dall’immagine che tradizionalmente abbiamo di un museo, è spesso anche l’elemento che più lo contraddistingue presso quelle che – quasi sempre erroneamente e grossolanamente – definiamo le giovani generazioni. Già, perché nel biennio 2020/2021 l’incremento di visite Under 25 è stato del 27% e oggi (anche grazie al bonus Cultura) questo pubblico rappresenta 1/3 del totale. Chiusa parentesi: veniamo al punto. Refrattario agli anglicismi e alle generalizzazioni, Tommaso Galligani è il responsabile della comunicazione mediatica del Museo degli Uffizi.
Come si arriva a ricoprire questo importante ruolo?
“Sono un giornalista che lavorava all’ANSA e che – oltre alla cronaca – si è sempre occupato di cultura e beni culturali. Non appena si è presentata l’occasione però, sono stato ben lieto di accettare l’incarico. È grazie al forte slancio sul fronte comunicativo che il Direttore (Eike Schmidt, ndr) ha dato se oggi gli Uffizi sono cresciuti molto sotto tutti i profili”.
In cosa consiste il tuo ruolo?
“Principalmente racconto la quotidianità del museo, ai media, al pubblico, perché non c’è solo la collezione, anzi!”.
E perché, qual è il valore aggiunto?
“Vogliamo abbattere una specie di luogo comune che associa all’istituzione museale qualcosa di immutabile, vetusto e polveroso, questo è un museone non musone”. Molte infatti sono le attività parallele alla tradizionale visita: conferenze, mostre temporanee, attività di ricerca, didattica (la sezione più antica d’Italia) e molto altro: “Lo scorso anno abbiamo raccontato l’insediamento di una colonia di api selvagge all’interno del Giardino di Boboli, che come saprai fa anch’esso parte del Polo Museale. Molto importante, parlando di ricerca e recupero, è stato scoprire che l’opera di Artemisia Gentileschi ‘Santa Caterina d’Alessandria’ nascondeva sotto la superficie altre versioni precedenti, che, per esempio, la copia di Londra non possiede. Anche durante la pandemia e la chiusura non ci siamo fermati: abbiamo avviato 39 visite virtuali, accessibili dal nostro sito, che sono state molto apprezzate. Ma non è solo questo, il museo ha sperimentato sempre nuovi modi di comunicare se stesso, vuole proiettare un’immagine di sé che sia anche l’immagine della città in cui è inserito, di cui è uno dei principali simboli nel mondo”.
Per chiudere quali sono le parole chiave con cui possiamo definire la strategia comunicativa degli Uffizi? (“ma non chiamiamole hashtag per favore!”)
“Te ne dirò tre: Uffizi vivi, pop e casa di tutti”.