Racconti fiorentini con la scusa di un libro
di Carlo Benedetti
Avrei dovuto spegnere il telefono e addormentarmi. Domani le avrei scritto: «Batteria scarica, scusami!». Lei mi avrebbe risposto: «Sei il solito casinista», ma con un cuoricino alla fine. Ci saremmo visti al chioschetto sul lungarno e avremmo riso dei cani e dei loro padroni nell’area di sgambo più rumorosa di tutta Firenze. Saremmo stati felici a bere birra e patatine.
Me l’ha sempre detto: «Non mi piacciono le sorprese». Sempre, da quando ci siamo conosciuti. Tutto ben programmato, non l’ho mai vista in ritardo: una telefonata anche solo per cinque minuti. Nessuno si è preso cura di me più di lei o mi ha fatto sentire altrettanto amato: i Post-it nascosti nell’agenda, sotto la tazza della colazione. C’ho pure pianto, una volta, per una faccina sorridente disegnata al volo chissà quando.Ma come cazzo mi è venuto di affrontare tutta la città in motorino, sotto la pioggia, almeno mezz’ora anche senza traffico – via Baracca deserta, via Pistoiese dai semafori sincronizzati – senza pensare, senza che mi venisse mai in mente che fosse una pessima idea? Senza ricordarmi che mai, mai negli ultimi due anni, mi aveva detto che le piaceva la spontaneità?
Con i tombini otturati, i marciapiedi sembrano isole e io Mosè.
Perché son voluto passare da casa sua?
Perché non sono arrabbiato?
Mi avranno visto?
Daniele Pasquini, Un naufragio, SEM, 2022 – 17€