Un unicum mondiale in cui si fonde la cura e l’arte da oltre sette secoli.
Se un paio d’anni fa ma non mi fossi slogato un polso correndo e non avessi fatto accesso in codice verde al pronto soccorso di Santa Maria Nuova, non avrei mai conosciuto un così ricco ventaglio di storie umane: dalla ristoratrice colpita al volto da una mestolata del neoassunto chef al bangla che tossiva sangue nel cestino, dall’anziana signora vittima di molestia alla turista americana in coma etilico e molto altro. E non mi sarei mai reso conto che a Firenze esiste, fuso con il presidio ospedaliero, un patrimonio storico-artistico di inestimabile valore, disseminato per il plesso.
L’Arcispedale di Santa Maria Nuova, fatto costruire dal banchiere Folco Portinari nel 1288, è da allora operante senza soluzione di continuità. Introdotto e guidato dalla segretaria organizzativa della Fondazione Santa Maria Nuova, Chiara Bartolini, scopro che l’ospedale racconta la città, fatta di grandi famiglie, del rapporto di queste con le istituzioni religiose (tra cui le suore Oblate, che ancora oggi prestano servizio in corsia), degli artisti più illustri (che grazie alla presenza della spezieria accedevano ai pigmenti più preziosi per i loro capolavori e qui hanno appreso il “vero” nel rappresentare il corpo umano). Al cuore del percorso la meravigliosa chiesa, progettata dal Buontalenti, di cui è in fase di ultimazione il restauro. Insomma, un unicum mondiale, forse il primo progetto ante litteram di sperimentazione tra arte, cura (sia del corpo che dell’anima), scienza e didattica multidisciplinare.
“Folco Portinari, i suoi discendenti e altri magnati di quel periodo hanno rappresentato un modello di investitore privato che ha saputo unire il fiuto per gli affari alla sensibilità artistica e al senso di utilità sociale: non so se oggi le figure di pari potere economico incarnano tutte queste caratteristiche”, ci dice la stessa Chiara Bartolini.
L’accesso è libero, contingentato e solo guidato per gruppi (per garantire il normale servizio ospedaliero).