Li avevamo lasciati, in una delle primissime puntate di Occhio di Bue, a esplorare esperienze extra corporee nel loro primo LP “Dharmanaut” (2017, Argonauta Records). Dopo il successo di critica e di pubblico del loro primo disco, tra sonorità stoner e alternative metal, ritroviamo con piacere i Mars Era per il loro secondo album, “Oniro”, registrato e mixato da Marco Leggio e masterizzato presso il GreenFog Studio di Genova.
“Oniro”, uscito sempre per Argonauta Records lo scorso 20 febbraio, “è il racconto di un sogno che si sviluppa canzone dopo canzone, mettendo di fronte al protagonista numerose difficoltà alle quali dare un senso per proseguire, passo dopo passo, verso il risveglio finale”.
Un concept album che parla di sogni, di incubi, “un monito al risveglio interiore”, che ha visto una lunga gestazione di quasi tre anni. “Oniro è diventato il nostro nuovo viaggio. Un’esperienza che ci ha portato ad esplorare i nostri tormenti. Attraverso la storia di un uomo qualunque che si trova ad affrontare le sue più recondite paure, che mutano attraverso la musica e diventano sogni reali e tangibili”, l’ascoltatore è invitato a calarsi nella stessa realtà distorta e affrontare il proprio viaggio. “Solo affrontando questi incubi il protagonista riuscirà a superare le avversità del suo subconscio e arrivare infine al risveglio”.
Il primo singolo, “Brighter than the Sun”, è “il nostro incubo preferito: la colla che unisce tutte le canzoni del disco” .
Sonorità vicine al grunge di Seattle per Michelangelo Verdelli, Tommaso Tassi, Davide Ferrara e Leonardo Storai, avvolti da tenebre da cui escono suonando, illuminati da improvvisi e violenti sprazzi di luce. Chitarre distorte incalzano, sostenute da profondi bassi e da un serrato susseguirsi ritmico di colpi di cassa e rullante, che lasciano tregua all’ascoltatore in passaggi più meditativi e eterei, colorati da piatti squillanti.
“Chiudi gli occhi, senti il battito del tuo respiro. Che il viaggio abbia inizio.”
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