di Michele Baldini e Giulia de Giorgio
Guido C.T.
Fiorentino, ebreo di origini ma laico (le due cose sono scindibili, rivela «l’Ebraismo è una cultura molto affascinante, una fede di equilibrio e rigore»), Virgilio (o Mosè) in un mondo a me ignoto, Guido C.T. comincia a illustrarmi il suo punto di vista, con originalità e competenza: «“Da secolare squallore a vita nuova restituita” sull’arco di Piazza della Repubblica significa “abbiamo demolito il ghetto!”».
Firenze era allora Capitale d’Italia e forse è per una sorta di compensazione che pochi anni dopo fu eretta la grande Sinagoga in via Farini, l’adiacente ospizio e poi Ruth, il ristorante Kosher (cucina, o meglio alimentazione, che meriterebbe un focus), uniche testimonianze tangibili della presenza ebraica a Firenze (circa 3000 persone). «Guido– chiedo più incalzante – sei favorevole al presidio militare permanente della sinagoga?». «Sì, almeno come deterrente dei rischi. Senza parlare di antisemitismo, esistono fenomeni di intolleranza legati a episodi contestuali, magari in Medio Oriente».
Joseph Levi, Rabbino Capo Emerito
Rabbino capo dal 1996 al 2017, per Joseph Levi gli ebrei fiorentini “sentono molto la propria appartenenza”più e prima della Fede. Sentimento che si manifesta sia privatamente che pubblicamente. Si è impegnato a promuovere il “Balagan Café”, iniziativa legata a una cultura millenaria, che apre ogni anno le porte del giardino della Sinagoga a una crescente platea di curiosi. Una riscoperta, quella dell’ebraismo in Europa (a Firenze da oltre 500 anni), tardiva rispetto alle culture più “esotiche”. Accetta la presenza costante di militari a presidio del Tempio ma aggiunge che “sarebbe stato meglio ci fosse stata prima del 1941 anziché adesso. I fenomeni di intolleranza sono marginali rispetto all’apertura dimostrata qui nei nostri confronti, altra cosa è Roma”.Tra i molti insigni ebrei fiorentini tra Otto e Novecento,a partire dal Rabbino Margulies, “possiamo fare il nome del musicista Abraham Basevi, fondatore del conservatorio di Firenze, i fratelli D’Ancona, fra cui il Prof. Alessandro d’Ancona, i fratelli Ambron e la collezione artistica lasciata al Museo Pitti e infine i F.lli Rosselli ed il loro contributo antifascista.”
Amedeo Spagnoletto, Rabbino Capo
«L’ informazione più grande che deve passare riguarda la vocazione che porta con sé l’ebraismo durante tutte quante le epoche.» Il Rabbino Capo Amedeo Spagnoletto, voce “ufficiale” della Comunità, sembra guardare al futuro con speranza: «la chiave del futuro di una piccola comunità italiana risiede nella volontà, da parte delle nuove generazioni, di rimanere aderenti all’identità ebraica», volontà da cogliere e stimolare con intelligenza e freschezza. Un compito che spetterebbe ai propri Rabbini e ai propri insegnanti, quello di trasmettere i valori che i grandi maestri hanno lasciato.
E il presidio militare al Tempio? Spagnoletto esprime gratitudine e ritiene fondamentale il contributo della scuola nell’educazione alla tolleranza e al dialogo: «sono due facce della stessa medaglia, occorre affiancare alla protezione delle forze dell’ordine anche un serio programma educativo verso le nuove generazioni», verso un mondo dove tutti possano sentirsi liberi di esprimere la propria religiosità.