Il regalo natalizio è una delle più meravigliose e manifeste forme d’ipocrisia dell’umano post moderno, una raffinata forma di schiavismo che funziona perché volontariamente esercitata attraverso il principio di reciprocità. Questa consuetudine si palesa con tutta la sua forza nei centri commerciali, luoghi demoniaci in cui l’orgoglio di ogni uomo viene negato, la ragione zittita e la coscienza soppressa.

Ore 16:52, secondo girone dell’inferno quindi Primark, Centro commerciale Gigli.

Siamo in tanti, tutti ammucchiati come dei birilli, fermi, aspettiamo di avanzare, aspettiamo di arrivare a destinazione, alle casse, da quanto tempo siamo fila? Non lo sappiamo più, l’attesa qui dura in modo diverso, il tempo si è perso mentre stavamo a perdere tempo, in mezzo a tutta questa roba…

“Salve, ha la carta Primark?”

“No, no, basta così.”

“Come scusi?”

“No, intendevo… No, grazie, va bene senza.”

La cassiera non mi guarda. Prende la mia roba, la divide, appoggia l’etichetta antitaccheggio al banco e dopo un click ripiega tutto, poi imbusta e continua. Quante persone vede ogni giorno? Chissà se ci conta tutti, come dei numeri, come dei birilli da buttare giù, uno dietro l’altro, apri, sgancia, piega, imbusta, avanti il prossimo…

“Le servono dei pacchi regalo?”

regali di Natale, ecco perché sono qui. Lo so perché sono qui. So anche perché compro. Lo faccio per dire hey, guarda, questo è il mio regalo per te, ma no, ti pare, non sei mica obbligato a ricambiare, sei soltanto implicitamente costretto a sdebitarti, lo so che anche per te questo regalo è un gesto disinteressato, una pura gratuità per niente legata al godimento dell’idea che io sappia di questa alleanza, quella che fingeremo di non aver stretto, io e te, no, ti dico, non dovevi, ma hai dovuto e allora adesso debbo anche io, facciamo così: tu fai un regalo a me per te e io faccio un regalo a te per me e insieme, confermiamo la nostra importanza l’uno per l’altro, insieme, restiamo soddisfatti dell’idea di aver soddisfatto l’altro, soddisfatti di soddisfare l’altro per noi stessi, perché quanto più umiliamo la nostra solitudine tanto più accresciamo il nostro orgogl…

“Signorina, mi sente? Vuole dei pacchi regalo?”

La cassiera mi guarda con aria interrogativa. Sotto le sopracciglia fini e ricurve ci sono due occhi estranei, vacui, così piccoli da far ricadere tutta l’attenzione sulle labbra, sottili e rovesciate ai lati in due larghe ‘u’, come quelle di quei gatti cinesi che non la smettono mai di far dondolare la loro zampa avanti e indietro.

“Si, si, grazie, tre per favore. Senta io le devo chiedere…So che non è inerente…ma vorrei proprio chiederglielo: lei i regali di Natale li compra in questo negozio?”

“Nono,” dice dopo aver strappato lo scontrino “io i regali di Natale non li faccio”.