“Sono scienziati o sono turisti? Se sono scienziati non fanno molto domande.”

 

Una glottologa con un vissuto personale profondamente drammatico viene ingaggiata dal governo degli Stati Uniti per stabilire una comunicazione con delle forme di vita aliene comparse sul nostro pianeta. Un’ impresa apparentemente impossibile verso la quale la donna si pone con determinazione attingendo a risorse che non sapeva di possedere.

Il regista canadese Denis Villeneuve torna a Venezia dopo il successo nel 2010 de La donna che canta nell’ambito delle “Giornate degli Autori”, questa volta nella selezione ufficiale con un film curioso e audace che mette al centro la comunicazione, lo scambio con ciò che è diverso e altro da noi.

Attraverso inquadrature dalla geometria impeccabile il regista racconta la sua storia, che vede protagonista una straordinaria Amy Adams impegnata nel costruire il ritratto di una donna coraggiosa e paziente, rimanendo fedele al rigore del suo cinema senza mai cadere nel prevedibile o nel ridicolo, riconfermandosi autore capace di assumersi rischi e accettare la sfida di “comunicare” con lo spettatore.

Visionario ma ancorato a un infallibile realismo, Arrival oltre all’idea di una dialogo all’apparenza inattuabile, celebra la pazienza e la costanza di una ricerca condotta con passione. Prima di tentare di comunicare con l’altro è essenziale stabilire una connessione con il proprio io più profondo, attingendo con coraggio alle nostre risorse più nascoste.

Il presente non è più l’unica dimensione, esso reca anche un passato e, più di tutto, un futuro che costruiscono la nostra identità e, qualora si sia abbastanza forti da guardarli e viverli senza paura, la nostra saggezza.