Tornando a casa sotto la pioggia di fronte al Bar Argentina incontro Omar e gli dico “Sono stata a vedere il nuovo X-Men ma non mi è piaciuto. È stata una cosa triste, era da un anno che aspettavo questo film”. “Non bisognerebbe mai avere aspettative”, risponde lui. Una frase di assoluto buon senso che, pronunciata da un fan della Marvel, ha su di me l’effetto di un geografo che cerca di convincermi che la Terra è piatta. Dove è andata a finire la fiducia, mi domando, dove sono andati a finire i sogni? Se non dai a chi ami la possibilità di ferirti, lo ami veramente? Mi complimento mentalmente con me stessa per il candore dei miei sentimenti, per la mia ingenua devozione che mi lascerà quasi sempre delusa, come le eroine dei romanzi dell’Ottocento. Per migliorare la situazione potrei chiudere l’ombrello, lasciare che il temporale mi inzuppi completamente, che grosse gocce inizino a colarmi dai capelli sugli occhi e che il computer che ho nello zaino termini i suoi giorni così, con l’eroismo romantico che pochi dei suoi fratelli avranno mai modo di sperimentare.

Potrei invitare Omar a uscire dalla tenda che protegge l’ingresso del bar e seguirmi nella mia impresa, potrei dirgli “Vieni qui, ritrova la purezza che hai evidentemente perduto, l’infanzia che ti sei lasciato alle spalle da troppi anni, e in questo turbine di acqua e vento risorgerai dalle tue ceneri”. Potremmo poi, mentre i nostri anticorpi da cittadini soccombono ai primi tremiti della febbre, trovare in fondo qualcosa di bello in ciò che ci ha delusi. Il personaggio di Quicksilver, ad esempio, così tenero con i suoi occhialetti, la giacca di pelle e una serie pressoché infinita di espressioni facciali che da sole salvano almeno l’ultima ora di film, la piramide in stile moderno con vista Cairo che l’inutile supercattivo egizio di turno – uno sprecassimo Oscar Isaac, quasi impossibile da riconoscere – si costruisce dopo aver ridotto in macerie la città, o il fatto che dopo che Magneto ha distrutto Auschwitz, chissà dove le faranno, le gite del liceo.

Potrei, dicevo, ma forse meglio evitare. Omar si risparmierà la fatica di denunciarmi, consigliandomi invece molto sensatamente di consolarmi con Capitan America: Civil War, mentre io, ragionevolmente asciutta, mi dirigerò verso i giorni che mi rimangono, continuando a sentirmi un po’ un’illusa, ma ad essere anche felice così.