Di Valentina Messina

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Da una ricerca condotta con Google su pagine in italiano la parola stagista ricorre 2.240.000 volte, ma l’impropria stageur (221.000 risultati alla stessa data) supera stagiaire (123.000), andando a infoltire la schiera dei cosiddetti “falsi forestierismi”.[1]

Erano i primi di settembre. Ero alla Biblioteca del Castello: davanti a me i libri, fuori dalla finestra il mare. Squilla il telefono: è Lorenzo, capo della Programmazione del Festival dei Popoli che mi comunica di essergli piaciuta al colloquio e che quindi come stagista scelgono ME.

Partono una serie di battute goffe da parte mia del “tipo ora che sono a X Factor ci divertiremo”, su cui glisseremo rapidamente per arrivare a dire che dopo una decina di giorni chiudo la valigia e riparto per Firenze, pensando oltre che agli esami, alla nuova ed esaltante esperienza che di lì a poco mi avrebbe coinvolta, anzi travolta. Prima di tutto la trafila dei documenti. Sembra che essere una stagista non pagata richieda molta più burocrazia di quella che di solito già c’è nel nostro paese, cioè molta e insulsa.

Come ogni legge di Murphy che si rispetti, più hai fretta di andare via e più grande è il cosiddetto fastidio posteriore della segretaria, affabile e disponibile, che ti sta di fronte. Documenti consegnati, primo giorno in ufficio. Sono lontani quei primi giorni in cui pregavo di ricevere mail. Ormai mi ero affezionata allo spam che mi inondava di rimedi per il sovrappeso e promesse di “penis enlargement”. Niente, neanche quelli. La gente della mia età si lamenta tanto perché nei loro tirocini formativi si sono formati solo nell’arte del fotocopiare e di portare caffè bollenti a mani nude. Ma magari! Mai un caffè, mai una fotocopia, mai un “dai la cera, togli la cera!” Immersione pura nel mondo frenetico dell’organizzazione di un Festival. Dico lontani perché ora a scandire le giornate tipo qui al Festival, tra il digitare frenetico delle dita sulle testiere e il telefono, che squilla senza sosta, ormai non distinguo più i suoni ma mi lascio cullare da questa orchestra minimal tecnologica di sottofondo.

C’è una domanda, di solito, che tutti quelli che lavorano lì hanno pronunciato, pronunciano ogni tanto, o pronunceranno comunque: -“Scusa Albe, posso?” L’Albe in questione è Alberto Lastrucci, il Direttore. Il Festival di cui parliamo è Festival Internazionale del Film documentario, tra i più antichi e importanti in Italia e all’estero. Pensare che l’anno scorso ero seduta comoda tra le poltroncine dell’Odeon, perché avevo un accredito stampa ed ero fiera di sventolarlo a qualsiasi persona mi si presentasse davanti che tentava di ostacolare il mio passaggio alla sala di proiezione. Quest’anno sono dall’altra parte. Devo ammettere che è una sensazione strana.

Quest’anno, dal 28 Novembre al 5 Dicembre, il Festival sarà impegnato anche a spegnere 55 candeline, che come dice il mi’ babbo che è classe 1959 come il Festival, non sono poche. Ho imparato a conoscere a memoria i nomi dei registi e i titoli di tutto il Concorso Internazionale di quest’anno. Lorenzo mi ha costretta. La programmazione dell’edizione 2014 promette quindi un meltin pot ricco di sfaccettature culturali. Eventi speciali ad alto contenuto spettacolare per celebrare il cinema documentario ai suoi massimi livelli. Ecco allora che il Festival si tinge di toni scuri passando dal mondo della guerra a quello delle recenti proteste fino a schiarirsi, colorarsi, accendersi e infine esplodere nell’arte, nella moda, fino a confondersi in vari generi come la sezione Sui genersi(s) che volteggia tra temi che vanno dal western all’horror, dalla fantascienza al musical, dall’animazione all’erotico. Il tutto selezionato con cura e organizzato con l’estro creativo di chi solitamente si impegna nell’offrire un evento aperto a tutti a 360° gradi. Il Festival inizia tra pochi giorni. In ufficio siamo tutti in fibrillazione. Sforno dvd per l’ufficio Stampa come fossero pagnotte. Il mio obiettivo personale oltre a quello di inseguire i produttori per farmi consegnare i file per la Videolibrary è battere il record di accreditati della stagista dell’anno scorso, che mi ha insegnato trucchi preziosi. Li inserirò nel database uno per uno. La sfida è aperta. Ciò che osservo dalla mia piccola scrivania è un ingranaggio perfetto e ben oleato di persone che lavorano bene e si divertono facendo il mestiere che fanno.

Potranno dimenticarsi di me ma non dei miei muffin, che portavo in ufficio per smorzare le giornate troppo uggiose, anche perché qualcosa da stagista la dovevo pure fare. Se fossi Meredith Grey ora direi che mi piace l’arena in cui mi trovo. E se è vero che la realtà supera l’immaginazione trovo che realtà dei Popoli di quest’anno è aver compiuto 55 anni.

E non sentirli. Per niente.

[1] http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/stage-tirocinio