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Il Teatro dell’Elce con la Maratona Lighthouse sabato 6 dicembre al Teatro Florida

By Michele Baldini

December 02, 2025

Intervista al regista e direttore artistico Marco Di Costanzo

Sabato 6 dicembre, al Teatro Cantiere Florida, andrà in scena in un’unica giornata laMaratona Lighthouse: 12 ore per attraversare 9 atti unici che il Teatro dell’Elce ha realizzato negli ultimi anni, un percorso che intreccia teatro e pensiero critico per esplorare i grandi temi della cultura civile contemporanea.Dalle 11:00 alle 23:00 il pubblico potrà decidere se seguire l’intero viaggio oppure scegliere soltanto alcuni dei tre blocchi in programma, costruendo un proprio itinerario di visione.

I nove spettacoli affrontano le questioni che definiscono il nostro vivere collettivo: lavoro, religione, amore, Resistenza, scuola, patrimonio artistico, identità, generazioni, alimentazione. I testi portati in scena sono tratti da saggi e opere di Michael Pollan, Pier Paolo Pasolini, Don Lorenzo Milani, Carol Gilligan, David Graeber, Günther Anders, Frederick Hartt, Carlo Francovich, Guido Piovene, in un mosaico che unisce letteratura, storia, antropologia, indagine sociale.

Tra i titoli in programma anche “All you can eat”, l’adattamento del saggio di Michael Pollan Il dilemma dell’onnivoro, che torna sul palco per la prima volta dopo il debutto. Durante la giornata sono previsti coffee break gratuiti e, nelle pause principali, la possibilità di prenotare pasti leggeri.

Dal punto di vista artistico, la Maratona Lighthouse rappresenta un momento di sintesi di un progetto che dal 2017 continua ad ampliarsi: un ciclo “in continua evoluzione”, come lo definisce Marco Di Costanzo, nato da una domanda che attraversa tutto il lavoro del Teatro dell’Elce: quali sono i pilastri della nostra cultura civile?

Marco Di Costanzo è regista, autore e attore: fin dalle origini della compagnia nel 2006 — insieme a Stefano Parigi e Andrea Pistolesi — guida il progetto creativo del Teatro dell’Elce. Il suo percorso formativo include studi con O. Melnik, e specializzazioni con maestri come A. Vasil’ev, A. Mnouchkine, Y. Lebreton e P. Byland. Da circa vent’anni si dedica a un teatro che privilegia la “poietica” dell’attore — il corpo, la voce, l’energia — in una visione scenica in cui l’azione e la relazione con il pubblico sono fondamentali.

A lui abbiamo fatto qualche domanda per capire meglio di cosa si tratta la Maratona di sabato 6 dicembre.

Nel raccogliere in un’unica giornata tutti gli atti del progetto “Lighthouse”, qual è l’esperienza che vuole offrire al pubblico? Una “maratona” può modificare la percezione complessa e complessiva della “cultura civile” rispetto alla visione dei singoli spettacoli distribuiti nel tempo?

«Ci auguriamo che possa essere così: speriamo infatti che seguire i nove atti di Lighthouse nello stesso giorno faccia risaltare, oltre al tema di ogni singolo testo, le connessioni, i rimandi, le associazioni che esistono tra un testo e l’altro. Nonostante i testi da cui sono tratti i singoli spettacoli possano essere stati scritti a settant’anni di distanza l’uno dall’altro, il flusso complessivo delle loro parole compone un affresco interessante proprio perché pieno di molte tinte diverse, che risultano più vivide grazie alla loro compresenza sulla stessa tela: mani differenti confluiscono nella rappresentazione di uno stesso soggetto, sfuggente e problematico: la cosiddetta “cultura civile”.»

Il progetto Lighthouse nasce da un senso di smarrimento e dalla necessità di far luce, pur in mezzo alla nebbia, sui nodi del nostro tempo. Quali strumenti teatrali — drammaturgici, interpretativi o di relazione con il pubblico — considera fondamentali per mantenere vivo questo “faro” nel corso degli anni e dei vari capitoli del progetto?

«Lo spunto iniziale che ha portato alla creazione di Lighthouse è stata la lettura di alcuni articoli sulla tendenza mondiale all’urbanizzazione. Nel 2008-2009, per la prima volta della storia, la popolazione urbana ha superato quella rurale. Il divario, poi, è cresciuto negli anni ed è destinato ad aumentare anche in futuro. La maggior parte degli esseri umani oggi sono quindi cittadini e vivono in città multiculturali, multietniche, spesso in continua trasformazione. Da qui la domanda delle domande, per noi: su quali pilastri poggia la loro definizione di cultura civile? Ho provato a rispondere ed è affiorata l’immagine di un gruppo di persone che si raduna intorno a un problema: un tavolo, un testo, una comunità di persone. E poiché la cultura laica non ha un unico Vangelo, è ben presto emerso che erano necessari più testi: saggi dedicati a quei temi intorno ai quali si articola il discorso pubblico, per i quali si celebrano le ricorrenze, gli anniversari: la Resistenza, il lavoro, la religione, il patrimonio culturale… Così nel 2017 è nato il primo “reading circolare”, nel 2018 il secondo, il terzo e così via fino ad arrivare agli attuali nove. I testi scelti sono adattati con cura in modo da conservare i temi fondamentali e da fluire drammaturgicamente grazie a un attento dosaggio di sorprese, cambi di voce e di ritmo, atmosfere sonore. Credo che ciò che funziona sia che gli spettatori sentono che le parole che ascoltano li riguardano, allo stesso modo in cui riguardano chi sta leggendo.»

Dopo quasi vent’anni di lavoro del Teatro dell’Elce, come è cambiata, secondo lei, la relazione con il pubblico e l’idea di “spettatore attivo”? La Maratona Lighthouse può rappresentare una sorta di bilancio intermedio del vostro percorso artistico e del modo in cui il pubblico vi ha accompagnati?

«La ringrazio perché fa riferimento a un bilancio intermedio, il che prelude a una carriera futura ancora lunga: da parte nostra, vista la situazione del sistema dello spettacolo in Italia, abbiamo sempre la sensazione che ogni spettacolo potrebbe essere l’ultimo! A parte le battute, no, direi che Lighthouse non rappresenta per noi un bilancio. La maratona del 6 dicembre è un’occasione molto particolare e speriamo che ci sia un gruppo di coraggiosi che resterà con noi per tutte le 12 ore. Ma il nostro rapporto con il pubblico rimane sempre lo stesso, sia in una maratona di spettacoli che nel caso di spettacoli singoli o di performance site-specific: desideriamo che ogni spettatore sia con noi dall’inizio alla fine, che si senta chiamato in causa da ciò che succede perché lo riguarda, che sia incuriosito, stupito. Uno spettacolo, per noi, al di là della specifica forma scenica, è soprattutto un’esperienza vissuta e condivisa da un gruppo di persone riunite in uno stesso luogo.»

 

Info

I biglietti costano 12 € per un singolo blocco (3 atti), 20 € per due blocchi, 24 € per l’intera maratona. Per blocchi e maratona la vendita è esclusiva presso la biglietteria del teatro; è possibile prenotare via mail. È previsto un servizio di pranzo e cena per i possessori del biglietto, in un locale adiacente al teatro.