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La violenza è il germe del sistema. Dialogo su guerra, pacifismo e femminismo 

By Arianna Armani

October 30, 2025

Intervista a Bruna Bianchi, ex docente e curatrice del libro Oltre i confini. 

In un contesto storico di grande tensione globale, emerge con forza il potenziale della nonviolenza e della disobbedienza civile. In questa prospettiva, e con l’avvicinarsi della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è importante analizzare la violenza non solo come atto di guerra, ma come logica sistemica. Attraverso il dialogo con Bruna Bianchi, ex docente di Storia delle donne e del pensiero politico contemporaneo all’Università di Venezia e curatrice del libro Oltre i confini. Ecologia e pacifismo nella riflessione e nell’attivismo femminista, indaghiamo le connessioni teoriche e pratiche tra femminismo e pacifismo.

«Patriarcato e guerra sono inseparabili. Il militarismo è il culto della forza e del dominio. Almeno dall’inizio del Novecento la violenza militare si è abbattuta prevalentemente sulla popolazione civile e sull’ambiente. A partire dagli anni Novanta, in seguito a quanto accaduto nelle guerre nella ex Jugoslavia, la riflessione femminista si è rivolta al significato dello stupro di massa, al rapporto tra donne e terra. Nell’immaginario bellico il corpo delle donne è stato equiparato alla terra, quella terra che i soldati calpestano, invadono, distruggono. E non si devono dimenticare i bambini, le vittime più numerose nelle guerre e genocidi, come quello perpetrato a Gaza».

Prosegue Bianchi: «Le analisi del femminismo pacifista sono state ignorate o occultate. Proporre “alternative concrete” non significa offrire ricette pronte all’uso. Si tratta di avviare un processo collettivo di non cooperazione con la morte e di cooperazione con la vita in ogni decisione quotidiana. Voglio ricordare le parole di Jane Addams, femminista premio Nobel per la pace: “La pace non è solo l’assenza di guerra, ma il dispiegamento di quei processi vitali che conducono allo sviluppo collettivo”, ovvero a un mutamento di orizzonti e del modo di intendere la democrazia, come un processo, un cammino, un modo di vivere che può prendere avvio solo dal basso. Vivere la democrazia come una forza capace di infrangere le barriere, superare le contrapposizioni, trasformare le relazioni di dominio e consentire la piena espressione della giustizia sociale e di genere, significa affermare la nonviolenza in tutte le nostre relazioni».

La costruzione di un’alternativa concreta alla logica bellica consiste in un processo collettivo che richiede la pratica quotidiana della nonviolenza. Questa filosofia ha trovato un’eco potente nelle cronache recenti: la sera del 2 ottobre, giorno della nascita di Gandhi e giornata mondiale della nonviolenza, gli equipaggi disarmati della Flotilla hanno dimostrato l’enorme forza politica della disobbedienza civile. L’azione nonviolenta dalle piazze piene di manifestanti ha avuto come risultato lo spiazzamento dei governi ossessionati dalla sicurezza, i quali si ritrovano più a loro agio con gli atti di violenza e vandalismo che con una protesta pacifica. È questo l’impegno che guida il pensiero del pacifismo femminista: un pensiero che, partendo dal basso, infrange le barriere e ribalta il punto di vista, sottraendosi alle regole del gioco e uscendo dalle logiche del modello bellico-patriarcale.

 

Crediti fotografici: Klaudia Thartori