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“Haveli, l’India nel piatto”: il viaggio di Giotti Singh tra sapori, storie e spezie

Non è solo un libro di ricette, “Haveli, l’India nel piatto”, edito da Il Forchettiere (132 pagine, 25 euro), è un viaggio tra le cucine dell’India e la storia personale di chi, dal Punjab, ha portato a Firenze un pezzo del proprio mondo. Lo chef Giotti Singh, fondatore e anima del ristorante Haveli — il più antico ristorante indiano a gestione familiare del capoluogo toscano — racconta l’India attraverso i suoi piatti, ma anche attraverso il proprio percorso umano e professionale, fatto di incontri, esperimenti e radici mai dimenticate.

Singh spiega di aver scritto il libro “per avvicinare il pubblico italiano alle diverse anime della cucina del mio Paese”, ma anche per condividere la sua esperienza, “affinché possa essere d’ispirazione a chi cerca di costruire un ponte tra culture diverse”. Così, tra un capitolo e l’altro, la cucina diventa racconto di vita, e ogni ricetta si trasforma in un frammento di memoria.

Le mille cucine dell’India

Il volume raccoglie oltre venticinque ricette iconiche della tradizione indiana: dalle croccanti Samosa al profumato pollo Tandoori, fino al Biryani, al Dal di lenticchie e al Naan cotto nel forno tandoor. Ma più che un elenco di piatti, è una mappa gastronomica che attraversa l’intero subcontinente, esplorando la varietà straordinaria di un Paese che, come spiega lo chef, “non ha una sola cucina, ma infinite sfumature di gusto e cultura”.

Ogni sezione del libro accompagna il lettore in un diverso angolo dell’India: dalle regioni del nord, dove prevalgono i piatti ricchi e speziati, alle coste del sud profumate di cocco e pesce, fino alle cucine dell’Himalaya, dove il freddo si combatte con stufati e tè caldi. Singh intreccia con naturalezza ricette, aneddoti e note culturali, riuscendo a rendere ogni pagina un’esperienza multisensoriale.

Spezie, utensili e piccoli gesti quotidiani

Prima di condurre il lettore tra le ricette, Singh apre una finestra sul mondo degli ingredienti e degli utensili tipici: dal cardamomo al cumino, dal tawa per le piadine al karahi per le fritture. Ogni elemento è raccontato con rispetto e precisione, ma anche con un tono intimo, quasi confidenziale. “In India – scrive – cucinare è un atto d’amore, e ogni famiglia custodisce la propria versione di un piatto. È in queste differenze che la nostra cucina resta viva.”

Il risultato è un testo che unisce rigore e calore: il sapere dello chef si intreccia al piacere del racconto, e la tradizione si fa accessibile, anche per chi si avvicina per la prima volta alla cucina indiana.

Quando l’India incontra la Toscana

Non manca uno sguardo contemporaneo e curioso, con un capitolo dedicato agli abbinamenti tra i piatti indiani e i vini italiani o le birre artigianali. Singh si diverte a costruire un dialogo tra culture gastronomiche apparentemente lontane: un Riesling per bilanciare la speziatura del curry, una birra ambrata accanto al Tandoori Chicken. “La cucina è linguaggio universale – riflette – e i sapori sono il modo più diretto per far dialogare due mondi. Italia e India hanno in comune l’amore per la tavola e per la condivisione.”

Un racconto di appartenenza

In fondo, “Haveli, l’India nel piatto” è anche una riflessione sul concetto di casa. Singh, che con la moglie Rubel accoglie da anni famiglie, viaggiatori e sposi indiani nel suo ristorante fiorentino, considera questo libro come un ponte tra il passato e il presente, tra il Punjab e la Toscana. La sua storia personale diventa lo specchio di una generazione di cuochi che hanno trovato in Italia un terreno fertile per continuare a raccontare le proprie origini.

Come ricorda un antico proverbio del Punjab, riportato nelle ultime pagine: “Puoi allontanare un Indiano dall’India, ma non potrai mai allontanare l’India da un Indiano.” Ed è proprio questo spirito – sincero, appassionato, accogliente – a rendere il libro di Giotti Singh qualcosa di più di un semplice ricettario: è una dichiarazione d’amore per la sua terra e per la cucina come forma di memoria.

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