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Askal Fukushima, tra rap e elettronica, musica per sopravvivere

By Redazione Lungarno

October 24, 2025

Il percorso musicale di Askal, artista originario di San Benedetto del Tronto, inizia circa vent’anni fa, quando muove i primi passi nella scena rap con il gruppo Brigata Riot, aprendo concerti di artisti quali Colle Der Fomento, Truceklan, Club Dogo e Kaos. In seguito, da sempre appassionato di musica elettronica, mescola il rap a sonorità rock, house, trap e tekno, sperimentando e iniziando a farsi conoscere nella scena fiorentina con i suoi dj set dubstep e drum and bass. Il suo ultimo album, FUKUSHIMA, in cui ritorna alle radici hip-hop, è uscito il 2 maggio di quest’anno. Oggi, 24 ottobre, si esibirà all’EXFO con FKV, Sakatena e Ganji Killah.

Quali artisti ti hanno più influenzato e segnato?

L’artista che mi ha cambiato la vita è stato Eminem. Grazie a lui ho scoperto il rap e l’hip hop e da quel momento ho capito che quella era la mia strada. Poi ce ne sono stati tanti altri: Cypress Hill, Fugees, Aesop Rock, Primo, Kaos e Noyz Narcos. Poi band come Linkin Park e Limp Bizkit mi hanno fatto capire che il rap non viveva solo confinato nell’hip hop, ma poteva essere usato in modi diversi. Da quel momento i miei orizzonti musicali si sono aperti a tanti altri generi; ascolto molto reggae, dub, trip-hop, emo trap e indie italiano.

Rispetto ai tuoi lavori precedenti FUKUSHIMA presenta degli elementi di novità o diversità nell’approccio alla produzione e alla composizione?

Ho sperimentato tanto con la musica e probabilmente non c’è mai stata una vera continuità in quello che ho fatto. Ho iniziato da adolescente con il rap e con sonorità propriamente hip-hop, per poi passare alla musica elettronica cercando di mischiare diversi generi. FUKUSHIMA è un album rap e per questo è più vicino ai miei primi lavori. Le produzioni sono state curate da Sakatena, Dj West, Talc e FKV e abbracciano vari stili, dal classico boom bap hip-hop anni ’90 a ritmi più contemporanei che si avvicinano alla trap e alla drill inglese. Ci sono anche delle sonorità low-fi e alcuni richiami alla musica elettronica. In questo ho cercato di inserire le sfumature di tutti i generi su cui ho sperimentato negli anni.

 

Nel tuo percorso musicale hai abbracciato sia il rap che l’elettronica; quali parti di te riesci meglio ad esprimere nell’uno e nell’altro genere?

Per me il rap è sempre stato una valvola di sfogo, il modo più semplice e diretto per esprimere la mia rabbia, tristezza, odio, sentimenti distruttivi che sono riuscito a canalizzare in qualcosa di creativo. Il rap mi ha aiutato ad esprimere le mie idee e il mio modo di vedere le cose, senza filtri e regole, se non quelle del tempo e della rima. È stato un’arma e un’armatura che mi ha aiutato nei momenti più difficili della mia vita ed è legato alla mia sfera psicologica ed emotiva, mentre la musica elettronica rappresenta qualcosa di più corporeo. La danza, come momento di estasi condiviso con le altre persone, ha per me un significato di comunione tribale, è un momento per connettersi, liberare e sentire il proprio corpo. Nelle mie produzioni elettroniche il cantato è meno importante e cerco di dare più spazio alla ritmica, mi piace ballare e ballo mentre produco. La dubstep e la drum and bass sono i miei generi preferiti e sono quelli che utilizzo principalmente nei miei dj set.

Come nasce un tuo brano?

Dipende da tante cose. Di solito parto dal beat. La maggior parte delle volte mi faccio guidare dalla musica e dalle emozioni che mi suscita. Altre volte ho semplicemente bisogno di sfogarmi, elaborare un brutto momento. Posso trovare ispirazione anche da un libro, una notizia o da una chiacchierata con un’amica o un amico. Quando ho bisogno di staccare completamente la testa dal mondo, accendo la drum machine e mi metto a produrre o a preparare un set.

Cosa significa per te fare musica? 

Per me è sempre stato un bisogno quasi inconscio. A un certo punto della mia vita mi è sembrato il modo più naturale di esprimermi e di buttare fuori ciò che succedeva dentro di me. Con il tempo ho capito che la musica ha per me una funzione terapeutica, mi aiuta a vivere e a sopravvivere. Non mi è mai interessato il successo, lo faccio prima di tutto per me. La mia più grande soddisfazione è quando un’altra persona si riconosce nelle cose che dico oppure balla una mia selezione. In quel momento essere riuscito a trasmettere un’emozione, una vibrazione, un’energia, aver stabilito un contatto emotivo con un’altra persona che non conosco non mi fa sentire solo.