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Quattro chiacchiere con José Gonzalez in occasione della sua unica data italiana del tour 2025

By Redazione Lungarno

July 08, 2025

di Michele Baldini e Mariaelena Fabris

 

Il cantautore svedese-argentino sarà protagonista il 12 luglio al Teatro Romano per l’Estate Fiesolana

Tra i nomi più raffinati della scena internazionale, José González torna in Italia per un’unica e imperdibile data del suo tour 2025, sabato 12 luglio al Teatro Romano di Fiesole, promossa da Ponderosa e organizzata dall’agenzia A-live nell’ambito del festival Estate Fiesolana 2025.

Un sound senza confini

Classe 1978, nato a Göteborg da genitori argentini rifugiati dopo la dittatura di Videla, José González incarna l’idea stessa di cittadino del mondo. Cresciuto tra la musica sudamericana e il punk hardcore, ha trovato una sua cifra personale fatta di folk, indie, pop e influenze latine, a partire dallo storico esordio con “Veneer” nel 2003 e il singolo “Heartbeats”, diventato cult grazie a pubblicità e colonne sonore.

Oggi, con quattro album all’attivo – l’ultimo è “Local Valley”, pubblicato nel 2021 – milioni di ascolti streaming e tour in tutto il mondo, González continua a portare avanti una poetica essenziale e profonda, capace di dialogare con un pubblico globale.

Prima del concerto di Fiesole, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui, tra musica, viaggi, jogging e ravioli della nonna.

Il live? Un momento unico, ogni volta diverso

Fiesole è la tua unica data italiana di questo tour. Poi sarai in giro per tutta l’Europa quest’estate e negli Stati Uniti in autunno. Qual è il tuo rapporto con i concerti dal vivo e con i luoghi/le città in cui suoni, considerando che nel 2019 hai pubblicato un album registrato live?

“Penso che gran parte della mia carriera sia stata dedicata al viaggiare ed al suonare per il mio pubblico in posti diversi del mondo. Le persone vengono a vedere i concerti e ad ascoltare la musica dal vivo, perché è diversa dalle registrazioni. Ovviamente si crea un’atmosfera differente, quando si suona in un teatro antico, o ad un festival, o in un club… Qui a Fiesole sarà in un anfiteatro, il che è fantastico e sono davvero emozionato.”

Qual è il tuo rapporto con le città in cui suoni? Ti prendi il tempo per visitarle?

“Sì, adoro arrivare in una città con anticipo, così ho tempo per passeggiare o correre, che è una mia passione. Mi piace correre, o fare jogging, magari ascoltando un audiolibro. Ma è anche un buon modo per vedere di più di una città, rispetto al solo camminare lentamente. Penso che questi tour estivi siano spesso fatti di voli e di van, e quindi magari cerco di alzarmi presto in hotel e di andare a correre per cercare il punto panoramico migliore e scoprire la città.”

Tra lingua, radici e cosmopolitismo

E qual è il tuo rapporto con l’Italia?

“Ci sono stato tante volte e mi piace molto. Ho un legame speciale con l’Italia perché mia nonna era italiana. Come tutti gli argentini, c’è sempre qualcuno di italiano in famiglia! E quindi sono cresciuto con i suoi ravioli e gnocchi.”

Per vocazione ed espressione puoi essere considerato a tutti gli effetti un cittadino del mondo, cosa ne pensi?

“Sì, è vero, e l’ho menzionato in alcune interviste: mi sento cosmopolita sotto molti aspetti. Parlo tre lingue e mezzo, ovviamente mi sento più svedese, ma c’è qualcosa di molto speciale nel viaggiare per il mondo e sentire che è facile stare in posti diversi. Immagino che abbia a che fare in primis con la lingua universale della comunicazione, l’inglese (che però non ha sempre funzionato). Funziona in molti posti, soprattutto dove vado più spesso in tour, direi Europa e Nord America, ma ho fatto alcuni concerti insieme a Sidi Touré, del Mali, e loro avevano il francese come seconda lingua. E lì è stato più complicato comunicare. Penso che la lingua sia una parte del sentirsi a casa, e un’altra parte sia semplicemente il fatto che, ovunque tu vada, c’è sempre un caffè o un locale in cui puoi entrare, posti in cui le persone amano ritrovarsi per socializzare. Sono un globetrotter, ma più un globetrotter da grande città. Ho amici che vanno in campagna o nella natura, e sento che quella è una parte di me che vorrei sviluppare, ma non ci sono ancora arrivato, anche se ho 46 anni.”

Qual è il tuo piatto preferito?

“Beh, devo dire che, con i bambini (che hanno quattro e sette anni), la mia abilità nel preparare una pasta al pomodoro veloce ma molto gustosa si è raffinata in questi ultimi sette anni. Mi sembrava di essere bravo anche prima, ma ora, con tutta questa pratica, sento di averla perfezionata. Il trucco è preparare qualcosa che piaccia sia ai bambini sia agli adulti, e uno dei segreti è avere sempre delle spezie in più da aggiungere a parte. Una variazione del sugo di pomodoro è una zuppa di lenticchie che di solito è ottima.”

Torniamo al topic musicale. Local Valley , il tuo ultimo album in studio, è uscito nel 2021. Stai lavorando a qualcosa in questo momento? Possiamo aspettarci presto un nuovo album?

“Si, è quasi pronto il quinto album solista. Solo chitarra e voce, il mio obiettivo è registrarlo in autunno. I brani sono quasi finiti ma di solito ho bisogno di qualche mese per provare e aggiustare le cose, prima di registrare. Sono davvero contento di come si sta componendo il tutto e credo verrà registrato appena i bambini tornano a scuola e all’asilo. Poi, ci vorranno forse quattro o cinque mesi per l’uscita.”

Che tipo di persona sei in studio, quando registri? Vai in studio con le idee già chiare oppure ti lasci guidare dal momento, non dico improvvisando, ma vivendo l’istante?

“Registro sempre da solo, quasi sempre. Quindi, di solito si tratta di provare, fare jam, e poi, all’improvviso, decidere che è il momento di registrare seriamente. Sono, diciamo, personaggi diversi a seconda della fase del brano in cui mi trovo. Quando registravo e mixavo, mi capitava di provare un sacco di cose, ora invece sento che non voglio più passare troppo tempo sugli aspetti tecnici. È stato lo stesso con l’ultimo album: ho deciso che non avrei comprato o usato altri plug-in oltre a quelli che avevo già. Questo fa risparmiare un sacco di tempo. Detto questo, mi piacciono comunque i vari aspetti. Ho i miei microfoni Neumann, che adoro: uno stereo mic e un tube mic. E poi ho il mio set di plug-in. Oggi suonano davvero bene, quindi so già che il suono sarà buono. Non ho bisogno di passarci troppo tempo sopra, quello che devo davvero fare è provare. Quindi, di solito fingo di avere un registratore a nastro ed è solo questione di fare un buon take.”

“Il mio trucco è riuscire a suonare il brano dal vivo, ma poi, quasi sempre, registro prima la chitarra e poi la voce separatamente. C’è qualcosa che succede quando conosci un brano a memoria, o con la memoria muscolare. Mi sono ispirato alla musica classica, dove, quando la suonavo, ogni minimo dettaglio era intenzionale. E c’è qualcosa che accade quando si passa dalla jam version a quella definitiva. Per me è stato divertente essere molto tecnico senza perdere la sensibilità.”

Hai realizzato molte cover, con il tuo fingerpicking e con la tua voce delicata ma intensa. Ne hai una preferita? Come scegli le canzoni da reinterpretare, e c’è un brano che ti piacerebbe coverizzare in futuro?

Heartbeats è davvero speciale. Avevo già fatto delle cover prima di quella, ma Heartbeats è diventata una parte così importante della mia carriera, che la apprezzo ancora. Ci sono stati momenti in cui ne ero un po’ stanco. Sentivo il bisogno di provare che potevo scrivere brani miei, e ho dimostrato che posso emozionare le persone anche con altre canzoni. Ma oggi fa parte della mia storia, e mi piacciono il testo e le armonie. È molto semplice, quindi sì, è una delle mie preferite.”

“Un’altra che mi piace molto è Blackbird dei Beatles. È un tipo diverso di cover, perché non si tratta di fare qualcosa di diverso, e nemmeno di fare meglio dell’originale. È più che altro godersi una bella canzone insieme al pubblico. E quindi è un tipo di cover che mi diverte molto, ed è speciale anche perché è stata una delle prime canzoni che ho imparato a suonare. Questo risponde anche in parte all’altra domanda che mi volevi fare: come scelgo le canzoni da reinterpretare. Partendo da Heartbeat o Teardrop, erano tutte cover di pezzi molto diverse dal mio stile personale. E questo faceva parte del gioco: trovare qualcosa di inaspettato e sorprendere il pubblico. Ma ho anche scelto alcune canzoni, come Blackbird, che sono semplicemente bellissime da suonare. Let’s Stay Together di Al Green è una di queste, e Kathy’s Song di Simon & Garfunkel, anche quella è una delle mie preferite.”

C’è una canzone che ti piacerebbe coverizzare in futuro?

“La risposta breve è no. La risposta lunga è che mi vedo a fare tante cover.. ma più avanti. Quando sono nel pieno della scrittura, come ora, cerco sempre di realizzare album il più possibile “miei”, in un certo senso.”

Hai spesso raccontato di aver iniziato a cantare e suonare grazie ai Beatles e a Silvio Rodríguez. Quali sono gli artisti che ti ispirano e influenzano di più, in questo momento?

“Sì, oggigiorno è diverso perché le ispirazioni arrivano da ogni parte. Molte volte cito musica dal Mali, dal Congo, dal Ghana. Anche la musica brasiliana è sempre una fonte di ispirazione. Credo di essere arrivato a un punto della mia carriera in cui, molte volte, quando scrivo una nuova canzone, suona simile a una delle mie precedenti. Quindi, di solito, più che essere “ispirato” – che forse è la parola sbagliata –, è più una questione di trovare una variazione di uno stile che già è mio. Ad esempio, in questo quinto album da solista, ci sono canzoni che sono sulla stessa linea di Killing For Love, e altre che sono più simili a Heartbeats, o a Silvio Rodríguez. Quindi, una sorta di auto-riferimento. Un ritorno allo stile originale che ho sempre fatto. Che ovviamente è influenzato da tutti i tipi di musica, compresa la musica tradizionale svedese.”

Possiamo aspettarci qualcosa dal concerto di Fiesole sabato prossimo?

Intanto sarà in un posto bellissimo. Ho guardato online, sembra stupendo e… beh, ho il mio set che sto portando in giro per l’Europa in questo periodo, e penso che sarà molto bello. Anche se ci sono solo io e una chitarra, è abbastanza vario. Ci saranno le canzoni più popolari, ma anche un paio di brani più ritmati che mi piace suonare. E, dal punto di vista del suono, ho qualche asso nella manica.

 

José González live sabato 12 luglio Teatro Romano di Fiesole

I biglietti (posti numerati da 40,25 a 51,75 euro) sono disponibili su ticketone.it e nei punti vendita del circuito Boxoffice Toscana .