di Roberto Pecorale
Riparte il Festival delle Colline, la storica rassegna che unisce tradizionalmente la qualità delle proposte musicali a luoghi d’arte e spazi incantevoli. Cinque le serate previste per questa 46esima edizione, che dal 4 al 18 luglio 2025 animeranno l’estate del territorio pratese.
Per l’occasione abbiamo fatto due chiacchiere con il direttore artistico Gianni Bianchi.
Bentrovato Gianni, che significato ha per te il Festival delle Colline? Sembra incredibile parlare di una rassegna che compie 46 anni.
Esatto, si tratta della mia ottava edizione in qualità di direttore artistico, mentre in precedenza lo seguivo come direttore di produzione, quindi in un modo o nell’altro sono nel Festival delle Colline da tanto tempo. Avevo iniziato a frequentarlo da bambino con mio padre, si tratta di un tassello importante per la città di Prato, perché ha significato tanto: diversi artisti hanno debuttato al Festival per poi diventare famosi da altre parti, inoltre coinvolge spazi importanti come il Centro per l’arte contemporanea, l’anfiteatro Pecci, la Villa Medicea di Poggio a Caiano, la Rocca di Carmignano, tutti luoghi significativi per il territorio da diversi punti di vista.
Il Festival è antico, credo sia uno dei più longevi in Italia insieme al Pistoia Blues, che mi sembra sia nato più o meno nello stesso periodo, o forse addirittura prima in modi diversi. Il Festival delle Colline è iniziato nella Villa Medicea, proponendo musica classica, poi jazz e nel corso del tempo si è trasformato in un festival itinerante con prevalenza di world music, per poi abbracciare il rock e tutti i generi.
È uno dei pochi festival, se non l’unico, finanziato totalmente da un Comune, prodotto dall’amministrazione comunale di Poggio a Caiano, con i contributi dei comuni di Prato e Carmignano, della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato e Publiacqua. Negli anni ci sono state anche collaborazioni col comune di Montemurlo, i comuni di vallata, Vernio, Vaiano.
Un’altra caratteristica del Festival delle Colline è quello di presentare proposte differenti rispetto agli altri festival: questo non per presunzione, ma per cercare di fare vedere cose che non hai la possibilità di trovare da altre parti. Spesso gratuitamente, o con un biglietto comunque popolare.
L’intento del lavoro è quello di portare artisti internazionali e italiani, proponendo negli anni anche alcune produzioni originali, tra cui un cortometraggio, un disco, un concerto; abbiamo prodotto un’orchestra di giovani di seconda generazione, poi diventata la Piccola Orchestra di Tor Pignattara, una versione junior dell’Orchestra di Piazza Vittorio, che ha vinto diversi premi e gira per mezza Europa.
A volte ci piace scommettere su artisti mai venuti in Italia, nel mio caso Fantastic Negrito, che dopo poco ha poi vinto con i suoi dischi ben tre Grammy Awards come migliori album di blues contemporaneo (2017, 2019 e 2021). Insomma la storia del festival è piuttosto importante, sono passati davvero tutti di qua: mi piace ricordare Battiato, Marc Ribaud, Joan as Police Woman, Calexico.
Stiamo cercando di mantenere la vena popolare con la presenza di artisti magari non ancora troppo conosciuti, ma in grado di lasciare qualcosa al pubblico che assiste ai concerti in posti belli e unici che abbiamo la fortuna di avere vicino, dalla Villa Medicea di Poggio a Caiano, patrimonio Unesco, alla Rocca di Carmignano, che penso senza esagerare sia uno dei posti più belli in Italia dove vedere un concerto. Luoghi non sempre facilissimi da raggiungere, dove talvolta devi camminare e sudare per arrivarci, ma anche questo fa parte dell’esperienza.
Ci presenti questa edizione alle porte?
Si inizia il 4 luglio con il concerto dell’Ensemble Terzo Tempo, un’orchestra di musicisti jazz di zona, che suoneranno insieme al giovane cantautore Edoardo Michelozzi e presenteranno un concerto alla Villa Medicea di Poggio a Caiano dedicato a Fabrizio De Andrè. Ci piaceva celebrare uno dei cantautori italiani più importanti e anche affini al Festival.
Il 10 luglio alla Corte delle Sculture a Prato ci sarà il ritorno dopo molto tempo di Umberto Palazzo e il Santo Niente, per celebrare il trentennale de La vita è facile. Apriranno la serata i toscani Neko at Stella.
L’11 luglio inauguriamo uno spazio nuovo a Poggio a Caiano, nella corte davanti alla bellissima chiesa di Santa Cristina in Pilli, dove ci sarà Joseph Arthur, storico musicista statunitense scoperto da Peter Gabriel, collaboratore di Peter Buck dei R.E.M., famoso per essere stato il primo artista a usare una loop station, campionando da solo voci e chitarre, cercando di creare una sorta di orchestra one man band in versione elettronica.
Proseguendo il 17 luglio, sempre alla Corte delle Sculture a Prato suonerà Andrea Franchi, in arte Druga, che presenterà il suo nuovo album intitolato La Carne, accompagnato da musicisti straordinari. Sono parte della band che ha accompagnato per anni il nostro amico scomparso Paolo Benvegnù, che ha partecipato al Festival in varie edizioni, per il quale ci sarà ovviamente un momento dedicato al suo ricordo.
Infine il 18 luglio alla Rocca di Carmignano si concluderà con il concerto di Loverman, progetto solista del cantautore anglo-belga James de Graef: musicista talentuoso che merita tantissimo, esaltato dalla critica in Belgio e in Francia, che al di fuori del proprio paese non ha ancora raccolto grandi riscontri. Insomma lavoriamo perché il pubblico possa tornare a casa arricchito e contento.
Dal punto di vista della qualità della proposta credo che Prato si stia distinguendo in modo molto differente rispetto ad altri contesti metropolitani. Se pensiamo a tutte le rassegne che si svolgono tra giugno e luglio, il Santa Valvola Fest ed Ex-Fabrica, l’Off Tune e il Festival delle Colline, mi sembra in primis ci sia grande attenzione all’arte e all’artista, allo stesso tempo ci sia anche la stessa attenzione nei confronti del pubblico, nel senso che si tratta di eventi perlopiù gratuiti, o comunque con prezzi popolari non spremifan.
Sono d’accordo ed è anche consolante, in un momento storico in cui è sempre più difficile fare musica dal vivo. È un po’ la caratteristica di Prato, da pratese stesso questa spinta tendiamo sovente a sottovalutarla: Prato è un luogo dove è nato il teatro contemporaneo al Fabbricone, dove trova spazio uno dei principali musei di arte contemporanea, dove è nato il Festival delle Colline, dove, per dire, i C.S.I. hanno preso forma e sono stati annunciati una sera all’anfiteatro del museo Pecci, tutto ciò caratterizza molto un ambiente musicale e culturale estremamente ricco e vivace.
Ci tengo a sottolineare che tutto questo fermento, che a volte non vediamo, è frutto di persone che ci tengono tanto. Non siamo agenzie, non siamo gente chiamata da fuori città per essere pagata profumatamente. Perché alla fine non è difficile fare un festival se hai i soldi, perché uno chiama un’agenzia e chiede i migliori ed è fatta.
Questo lavoro è invece fatto di ricerca, di relazioni, di contatti, di telefonate, di amici, di passione, e questo succede a causa di budget estremamente risicati, cioè tutti noi facciamo queste cose, a volte senza sapere come sia possibile. Siamo tutti cresciuti in un momento storico dove potevi fare e vedere veramente di tutto, c’erano associazioni culturali ovunque, noi arriviamo da quell’ambiente e continua a esserci quella voglia.
C’è infine l’altra teoria famosa secondo la quale essendo considerati la periferia di Firenze, e da periferia non avendo il Piazzale Michelangelo o Piazza Signoria, ci siamo dovuti tirare su le maniche e usare le piazze e i fabbriconi per costruire eventi e manifestazioni, e forse questo ci ha stimolato a fare cose differenti rispetto a quelle più propriamente mainstream.
Ci sono aneddoti o storie curiose che hai vissuto in questi anni di festival particolarmente divertenti o bizzarre? O la richiesta più stramba che hai letto su un rider di un artista?
Ce ne sono tante, dalle schede tecniche dove trovi in fondo la richiesta di 4 biglietti della lotteria giocati, o caramelle M&M’S tutte rigorosamente verdi: richieste assurde fatte perché se tu chiedi “Ma davvero vuoi tutte le M&M’S verdi?”, significa che hai letto tutta la scheda e sei arrivato in fondo.
Il primo aneddoto che mi viene in mente è quando Silvia Bacci era direttrice artistica e io ero alla produzione, per il concerto di Bombino: trovato al tempo grazie a un contatto di Silvia con una ONG che operava in Africa, andai a prenderlo a fine luglio all’aeroporto di Pisa, lui si presentò con il pile e la giacca a vento perché aveva freddo e mi chiese una zucca, che avrebbe poi spaccato in due per fare una specie di water drum. Ci chiese poi quante ore avrebbero dovuto suonare, perché loro normalmente suonavano per tutta la notte, e quando gli dissi che il set sarebbe durato un’ora e mezza mi guardò un po’ deluso. Infatti poi finirono per suonare tre ore. Era molto buffo leggere il cartellone del suo tour, perché la prima data era Bonistallo Poggio a Caiano, seguito da Boston, Washington, Los Angeles, Parigi e Londra.
Un altro episodio buffo che mi viene in mente è quando Joey Burns dei Calexico a un certo punto sparì, e nessuno sapeva dove fosse andato. Durante il soundcheck prese un taxi e andò in piazza del Comune a prendere un cappuccino senza dire niente a nessuno. Ci raccontò poi di girare tantissimo per il mondo senza riuscire a vedere mai niente, per cui si ritagliava questa mezz’ora per sé, giusto per visitare il centro della città e dove si trovava in quel momento.
Rispetto a quando hai iniziato a seguire i lavori del Festival cosa è cambiato?
Al di là della battuta di prima, quando dicevo che pochi soldi possono anche offrire uno stimolo, nella realtà rappresentano un problema.
Innanzitutto per il numero di eventi in programmazione: quest’anno il festival propone 5 concerti, in passato potevano essere anche 13 o 14.
Avere poche risorse significa ridurre la promozione, che ha dei costi sempre più alti, e il personale. Un altro aspetto estremamente delicato è rappresentato dalla burocrazia, con norme sempre più stringenti e complicate: per un’associazione culturale interessata a fare musica dal vivo, senza una struttura con esperienza alle spalle, diventa realmente complicato. Non soltanto per i cachet dei musicisti, bensì è difficile l’allestimento, le norme sulla sicurezza, la Siae ecc.
Cosa che francamente non vedo all’estero, ho viaggiato molto e anche in luoghi vicini a noi, come in Francia o in Portogallo, si fa suonare in modo più semplice.
Se vogliamo far sì che riparta la musica dal vivo, occorre a mio avviso trovare un modo per semplificare alcune procedure, affinché anche i giovani interessati possano avvicinarsi.
Servirebbero locali dedicati, perché non è possibile che la musica dal vivo qui si faccia solo due mesi all’anno. Ci sono tante band di ragazzi e ragazze che fanno musica di qualità di qualunque genere, se ci fossero luoghi adeguati questi sarebbero sicuramente frequentati anche dai giovani, e avremmo così modo di far emergere anche nuovi talenti, sulla falsa riga dell’esperienza della manifestazione Carne Fresca – Suoni dal futuro allo spazio Germi a Milano.
Questo invito andrebbe rivolto agli amministratori, perché occorre intercettare queste persone che hanno interesse e sostenere chi vuole fare questo lavoro.
Grazie Gianni, buon festival!
Festival delle colline Da ven 4 luglio a ven 18 luglio Varie location
INFO www.festivaldellecolline.com https://www.facebook.com/festivaldellecolline/ https://www.instagram.com/festivaldellecolline/