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Montagne in polvere: dialogo sulla lotta per la tutela delle Apuane

By Arianna Armani

May 03, 2025

Sulle Alpi Apuane sono presenti circa 160 cave attive (e più di 500 inattive) in cui, negli ultimi trent’anni, è stato estratto più marmo che nei precedenti duemila: l’’80% di esso viene utilizzato per l’industria del carbonato di calcio e meno dell’1% è destinato all’arte. Ne abbiamo parlato con Gianluca Briccolani, presidente di Apuane Libere.

Che cos’è Apuane Libere?

«Apuane Libere è un’organizzazione di volontariato autofinanziata e apartitica con sede a Firenze, fondata il 25 aprile 2021. In quattro anni abbiamo raggiunto 300 soci in tutta Europa. Siamo attivi nella tutela ambientale a 360° della catena montuosa delle Alpi Apuane, fortemente minacciata dal settore lapideo: queste montagne vengono depredate di cinque milioni di tonnellate di marmo all’anno. La nostra battaglia si rivolge a contrastare tutti gli illeciti che vengono commessi sul territorio, che presidiamo e tuteliamo attraverso monitoraggi ambientali settimanali. Siamo arrivati a ottanta segnalazioni ambientali e, in quattro anni, abbiamo scongiurato la riapertura di siti estrattivi chiusi da quarant’anni in almeno quattro casi. Non abbiamo, però, mai ottenuto una vittoria per la chiusura di un sito estrattivo attivo, che è il nostro obiettivo primario: andare, piano piano, verso la chiusura di tutti questi siti di morte e di distruzione della natura. Chiaramente, la nostra battaglia prevede che questo avvenga facendo finire alla ditta privata il piano di estrazione, iniziando a riconvertire questa economia nociva».

In quali campi opera l’associazione?

«Oltre all’azione sul campo, facciamo anche educazione nelle scuole di ogni grado in tutta la Toscana e dovunque ci chiamano. Organizziamo talk, convegni e presentazioni in tutta Italia in cui facciamo vedere filmati girati sulle Alpi Apuane, sia delle cose meravigliose che ci sono, sia delle cose orribili che succedono, come distruzione di geositi e cavità carsiche, inquinamento di falde acquifere e infiltrazioni della malavita. È più urgente che mai un’attivazione da parte delle istituzioni per interrompere questa politica di macelleria ambientale, di business che si arricchiscono con le montagne di tutte e tutti. Le leggi ci sono, ma non vengono fatte rispettare. La situazione è critica, ma soprattutto bisogna ricordare che è un argomento difficilissimo e pieno di sfaccettature: le componenti ambientali messe a repentaglio non sono solo l’acqua, ma sono anche l’aria, il suolo, la flora, la fauna, addirittura la salute pubblica e l’aspetto demografico, perché i paesi apuani si stanno spopolando proprio a causa di questa economia che – come riportato da Report nel servizio Il marmo della Duchessa (Puntata del 21/04/2024) – con 12 operai ci sono ditte Apuane del lapideo che generano 46 milioni di euro all’anno, estraendo blocchi di marmo a una velocità insostenibile, di circa 6 ore per blocco».

Oltre ai volontari siete supportati dai cittadini locali?

«Devo essere obiettivo: non tutti. C’è molta paura in alcuni casi. In altri, si tratta di persone che fanno parte del sistema contro cui ci battiamo. Bisogna tenere in considerazione che ci sono anche forti infiltrazioni della malavita. È una situazione molto delicata perché, nel corso degli anni, queste industrie estrattive ne hanno combinate di tutti i colori: ci sono state le alluvioni che hanno causato morti e che sono una conseguenza dell’occlusione dei corsi d’acqua – attuata da queste industrie per la realizzazione di piazzali funzionali all’estrazione del marmo – che ha portato l’acqua a riversarsi per le strade e a valle. Nonostante queste evidenti conseguenze ambientali, si continua lo stesso ad estrarre. Ci sono spesso anche morti sul lavoro nei siti estrattivi, ma dopo ventiquattro ore di sciopero, si riparte da capo.

Quindi, la popolazione è molto divisa, perché la questione è estremamente complessa: nel caso della TAV in Val di Susa c’è uno “straniero” che è venuto in casa di queste persone a perforare la montagna per fare una cattedrale nel deserto, che è l’opera dell’alta velocità. Sulle Apuane, invece, c’è una narrazione diversa: l’estrazione va avanti da secoli – anche se è tutta un’altra cosa rispetto a quando iniziò all’epoca dei romani – e persiste l’immaginario dell’epopea che viene portata avanti da una narrazione tossica, finanziata dagli imprenditori del lapideo, che comprano giornalisti, politici e sindacalisti. Quindi, siamo un po’ come Davide e dell’altra parte Golia che, con delle risorse decisamente sproporzionate rispetto alle nostre, determinano una lotta tra impari».

Recentemente avete avviato un programma radiofonico – Apuane in diretta su Radio 110 Hertz (ogni giovedì dalle 18 alle 19 su www.110hertzradio.it ) -, siete attivi sui social, producete cortometraggi e documentari. Come nascono questi progetti e chi li porta avanti?

«Tutti questi progetti sono curati dai volontari e dai soci di Apuane Libere che, nonostante il numero e l’impegno, gestiscono una mole di lavoro che richiederebbe molte più persone.

I volontari gestiscono tutti i tipi di social: Facebook, Instagram, X e TikTok. Potete trovarci sempre col nome Apuane Libere (@apuanelibere). Utilizziamo tutti questi canali perché alle persone piace vedere video commentati sul campo in cui spieghiamo quello che succede. Noi lavoriamo sempre con dati alla mano, per questo in quattro anni, anche se usiamo una terminologia abbastanza radicale, non abbiamo mai ricevuto una querela.

In questi anni abbiamo realizzato film e documentari, sempre autoprodotti. Abbiamo anche un canale YouTube (@apuanelibere1973) dove mettiamo i video dei nostri incontri e convegni, come quello che abbiamo fatto recentemente a Castelnuovo di Garfagnana: un convegno abbastanza tecnico dove si sono alternati colossi dell’ambientalismo apuano, di cui noi abbiamo preso il testimone della lotta che era iniziata negli anni Settanta.

Tutti i canali che utilizziamo sono importanti mezzi di informazione, o meglio di contro-informazione, perché purtroppo ci sono canali di informazione che non veicolano i nostri messaggi, e forse sarebbe il caso di chiedersi il perché. La nostra controinformazione mira a contrastare quella narrazione tossica creata ad hoc per estetizzare le cave: nel 2019 è stata organizzata da MarbleTour e Edemarble una partita di tennis con Lorenzo Musetti all’interno di una cava; oppure brand dell’alta moda, come Yves Saint Laurent o marchi di macchine di lusso come Ferrari, scelgono le cave come location per shooting dei propri prodotti; o ancora film di gran rilievo vengono ambientati al loro interno, come nel caso recente di The Brutalist. Queste sono delle pratiche ingannevoli che noi cerchiamo di smascherare, perché è impensabile cercare di far passare delle attività così dannose come luoghi desiderabili.

Apuane Libere in quattro anni ha fatto una piccola rivoluzione, ma non basta: a dispetto di una crescente coscienza ambientale a livello globale, le cave sono in aumento. Si continuano a razziare queste montagne ed è abbastanza evidente che ci sia una precisa volontà a non voler cambiare le cose. Addirittura è in programma l’aumento del 5% della quota ventennale di marmo estraibile dalle Apuane. È una battaglia molto dura, però noi abbiamo deciso di intraprendere questa strada, anche rinunciando a ore di lavoro o a momenti con la famiglia per dedicarci a questa missione.»

Essendo un tema estremamente complesso, siete tutte e tutti invitati a partecipare al talk che si terrà il 13 maggio 2025 al Circolo Vie Nuove per approfondire questi temi insieme a Gianluca Briccolani di Apuane Libere e curato da Lungarno e Belle Parole APS.

Seguite Apuane Libere sui canali social Instagram, Facebook, X, TikTok e Youtube e visitate il loro sito www.apuanelibere.org dove potete sostenerli con un piccolo acquisto del loro merchandising.