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Marco Parente al PARC con il suo manifesto ambientalista Vulcani in Pace

By Erica Fialà

May 15, 2025

Domenica 18 maggio al PARC delle Cascine, Marco Parente si esibirà all’interno della rassegna Mixité con il suo nuovo Album, Vulcani in pace, un progetto che unisce musica, arte e scienza, mettendo al centro un tema urgente e attuale come quello dell’emergenza climatica. Questo progetto segna la prima collaborazione del cantautore con Paolo Cattaneo, musicista, cantautore e performer elettronico ma anche l’incontro con lo scultore britannico Jason deCaires Taylor, noto per i suoi interventi di sensibilizzazione ambientalista sull’acidificazione dei mari, che ha firmato l’artwork dell’album. “Tutto nasce da un incontro con Paolo, d’improvviso, al momento giusto. Da lì è stato un susseguirsi di coincidenze creative” ha dichiarato Marco Parente per descrivere la nascita del suo nuovo progetto, quella che doveva essere una collaborazione su pochi brani e invece è diventato un album di nove tracce organiche e compatte.

Il contributo di Jason deCaires Taylor, celebre per le sue opere installate sui fondali marini, pensate in modo che possano trasformarsi in barriera corallina artificiale per supportare l’ecosistema marino e la popolazione locale che da esso dipende, è quello di portare l’attenzione sull’emergenza climatica, nello specifico sul processo di acidificazione delle acque marine. Durante la creazione di Vulcani di Pace, la tematica ambientale è diventata centrale e parte del processo creativo che è stata affiancato e appoggiato da ricerche universitarie (da Milano a Padova, fino alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli) con a capo figure di esperti quali Camilla Della Torre, Silvia Giorgia Signorini, Marco Munari e Fabio Crocetta. Gli studi scientifici condotti dai ricercatori durante la stesura dell’album sono quindi pienamente in linea con l’immaginario identificato dalla musica, dai testi e dalle immagini di Jason deCaires Taylor, in un connubio inedito e ricco di significati.

Vulcani in Pace è un titolo che vive di contrasti: esplosione e quiete, distruzione e delicatezza. Da dove nasce questo accostamento e cosa significa per te oggi?

Vulcani in pace è un riferimento a quell’evento raro in cui l’inquietudine creativa trova una soluzione, una sorta di respiro, una pausa tra una guerra e un’altra.

Hai definito le canzoni del disco come “particelle” che si incontrano una sola volta ma si ricordano per sempre. Che rapporto hai con l’improvvisazione e con l’idea dell’irripetibilità dell’esecuzione musicale?

Non credo nell’improvvisazione, credo piuttosto in quel momento creativo nel quale ti distrai da te stesso. Per chi come me scrive canzoni, ripeterle è normale ma l’ambiente, le persone che ti trovi davanti e soprattutto la temperatura dei tuoi pensieri rende quella stessa canzone sempre leggermente diversa dall’originale. La musica, se non è di maniera, sfugge al controllo di chi l’ha scritta e va dove vuole, come i sogni.

Il progetto è nato con Paolo Cattaneo, ma doveva essere solo una collaborazione su un paio di pezzi. Cos’è successo lungo il percorso che vi ha portati fino a un album intero?

Semplicemente ci è sfuggita di mano la situazione!

Dal vivo porterai sul palco anche registratori a nastro, una scelta inusuale oggi. Cosa ti affascina di questo strumento e del suo rapporto col tempo e con la memoria?

Sono un musicista che nasce con l’analogico e ancora oggi uso il digitale con un approccio analogico, come per esempio nello spettacolo Il rumore dei libri dove ho inserito molti registratori a cassetta con voci di poesia sonora dell’archivio Baobab. A onor del vero l’utilizzo dei vecchi quattro piste a cassetta nel caso dei Vulcani è tutta un’idea di Paolo che io, con entusiasmo, ho ripreso per il live in solo. Trovo molto adatta e affascinante l’idea delle vecchie cassette, ho la sensazione della scoperta archeologica, come di un reperto riemerso dal passato.

La componente visuale curata da Fabio Rosseti e le immagini sottomarine di Jason deCaires Taylor creano un immaginario molto forte. È importante per te la dimensione visiva nella resa di un progetto musicale?

Solo se nasce da una forte urgenza creativa di dare luce e immagine al gesto musicale. Esteticamente non mi interessa, ma nel disco c’è un filo sottile che lega arte, musica e scienza.

Come si è intrecciata la collaborazione con i ricercatori che studiano l’acidificazione marina?

Tutto il lavoro dei Vulcani in pace è costellato di associazioni creative e questo a volte sconfina dal proprio ambito, da cosa nasce cosa…

Hai alle spalle una carriera che ha attraversato molte forme – dai dischi in solitaria al teatro, dalla poesia alla performance. Cosa ti spinge ancora oggi a esplorare nuove zone artistiche?

Il mio sogno estatico è sempre lo stesso: non essere più lì quando si realizza.

Peace è una traccia composta da una sola parola, un gesto minimale, ma anche molto ostinato…

Come nei mantra religiosi la ripetizione è meditazione, la meditazione è pacificazione che dura…finché dura!

Nel tuo percorso artistico la fragilità è spesso una forza, un elemento costruttivo. In un’epoca che tende a nasconderla, quanto è importante per te farne materia viva del tuo lavoro?

Forse la fragilità è l’altra faccia del coraggio, ma non ci giurerei!

Come vivi questo ritorno e cosa ti aspetti dal pubblico del PARC delle Cascine?

Di trovare la magia giusta prima di salire sul palco!

Il live di domenica si preannuncia un vulcano di emozioni, suoni e immagini che coinvolgeranno l’ascoltatore portandolo a soffermarsi su tematiche urgenti. L’evento si svolgerà nell’ambito della rassegna Mixité – Suoni e voci di culture antiche e attuali, realizzata da Toscana Produzione Musica, centro di produzione musicale attento alle sonorità del mondo, con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Toscana e Fondazione CR Firenze.

 

Info: https://parcfirenze.net/marco-parente-vulcani-in-pace-mixite/