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El Galactico – Come scivolare verso la West Coast

foto Marco La Conte


Intervista a Francesco Bianconi

Abbiamo intervistato il cantante dei Baustelle in vista del festival El Galactico del 1º e 2 giugno

Un romantico a Milano, un dandy con lo sguardo di un Luciano Bianciardi, un esploratore di cunicoli dark del cuore, ed adesso un pioniere del nuovo continente. Questo è Francesco Bianconi, voce e principale penna dei Baustelle, raffinata pop band che celebra i 25 quest’anno. Scambiamo con lui due parole in attesa di “El Galactico festival”, rassegna che vedrà protagonisti proprio i Baustelle il 1º e il 2 giugno a Firenze, all’Anfiteatro delle Cascine.

“El Galactico”, il vostro ultimo lavoro, guarda in maniera forte e precisa all’Ovest nordamericano: perché avete scelto il Pacifico anziché rimanere ancorati alla fredda East Coast? Forse gli Stati Uniti sono un immaginario e voi guardate al Far West?

«Certo, è una giusta osservazione e l’ho notato anche tentando di osservarmi dall’esterno. Ma ti dirò di più, anche il mio lavoro personale, Forever contiene il pezzo ispirato Zuma Beach, senza contare che le foto di quel disco hanno tutti richiami ad una L.A. in bianco e nero. La scoperta in un viaggio di quel pezzo di America è stata folgorante: la luce, il tramonto che è vita ma che allo stesso tempo è fine. Los Angeles è una città che ti costringe all’attraversamento e all’esplorazione, e la California fa, perdona il truce toscanismo, “conca”: ci finiscono più o meno tutti, come se gli Stati Uniti fossero in discesa. Una discesa verso una terra di conquista, di sole e di decadenza».

Cosa pensi del “politicamente corretto” e del manierismo, talvolta eccessivo, riguardante le espressioni? Ti condiziona, come qualche artista ogni tanto dichiara?

«Viviamo in un’epoca di trasformazione e come tale viviamo anche dei contraccolpi paradossali, vedi la cosiddetta “cancel culture”. Ci sono cose che trovo anche io ridicole, però ci sto dentro, volentieri, proprio in virtù della lettura di questa epoca, appunto, mutevole. Condizionare? No, assolutamente. Peraltro, pur essendo contro ogni tipo di censura, sono convinto che quest’ultima non “fermi” l’arte: questo per dire che ci sono tanti modi di comunicare, ed ogni linguaggio va contestualizzato. Ti faccio un esempio diretto. Nessuno mi hai mai accusato di sessismo o machismo anche se nel mio brano Certi uomini parlo esplicitamente di un organo sessuale. Come dico a mia figlia, che mi contesta l’uso di alcuni termini nei miei scritti: nelle canzoni, nel cinema, nella poesia puoi usare tutto il turpiloquio che vuoi».

Parliamo di cinema. Come Francesco Bianconi o come Baustelle, tentereste un approdo in quel mondo, magari scrivendo un soggetto?

«Sono, siamo, molto legati ed ispirati dal cinema. Ho comunque una sorta di timore reverenziale verso un’arte di cui mi nutro costantemente da sempre. Ci piacerebbe, ovvio, vedremo il futuro cosa potrà riservarci in merito a questo».

Hai, come tutti, un film “rifugio”, uno di quelli che riguardi anche nei ritagli di tempo?

«Ti dico, senza pensarci, o Profondo Rosso di Dario Argento o Vertigo di Hicktchock. Del resto ci son film che vedi continuamente e film che visti una volta li abbandoni, come nel mio caso Salo o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini».

 

Crediti foto: Marco La Conte

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