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Kinkaleri. Potenziali scenari su corpi attuali

Kinkaleri, DOOM, 1996 – foto Giuseppe Bartolini

“Is it my world?” mi chiedono gli stickers applicati a grondaie arrugginite o sugli ingressi di stanzoni affacciati sulla corte interna, che accompagnano il mio percorso verso l’entrata di spazioK. L’intento è chiaro: pormi di fronte all’interrogativo esistenzialista sulle possibilità e i limiti dell’individuo in questo tempo e in questo mondo; spazioK è infatti la sede dell’associazione Kinkaleri che da trent’anni si interroga sul tempo presente e le sue molteplici declinazioni. La realtà, nata a Firenze come collettivo dedito alle arti performative, danza e teatro sperimentali nel 1995, si stabilisce nel 2001 nell’ex area industriale Campolmi di Prato.

Kinkaleri_URLO Roma_2021 – foto Kinkaleri

Inizialmente formato da sei membri, ognuno proveniente da un diverso ambito ma senza distinzione di ruoli, è attualmente animato dall’impegno di Massimo Conti, Marco Mazzoni e Gina Monaco, ma da anni rappresenta anche un centro di residenza regionale per giovani artisti e artiste. Una particolare caratteristica è proprio la profonda riflessione sulla natura della performance, accostata dal collettivo a molteplici linguaggi e forme di espressione artistica  tra cui la danza, le arti visive, il teatro, la fotografia e l’installazione. 

Kinkaleri_Benassi, ONCE MORE, 2020 – photo Jacopo Benassi

La matrice della loro ricerca è quasi sempre il corpo che trova di volta in volta una resa estetica diversa e originale. Il processo creativo e il relativo dibattito sono considerati fondamentali, tanto che spesso vengono organizzate delle aperture a un pubblico selezionato che può così interagire con l’artista per un confronto fertile e pluridirezionale, proprio nella fase di “costruzione” dell’opera. Attenzione quindi al momento di ideazione e realizzazione ma anche a ciò che ne scaturisce o ne resta una volta conclusa la fase performativa: fotografie che divengono esse stesse opere o a volte semplicemente documenti, tracce sonore su vinile, oggetti di scena che rimangono allestiti. Tutto risiede nella riflessione sul messaggio e sul mezzo espressivo migliore per trasmetterlo: «in certi casi la performance deve rimanere effimera».

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