Raramente capita di scambiare due parole con un cantautore affermato. Altrettanto raramente capita ad un artista l’essere così semplice ma profondo nel linguaggio. Questo è Dario Brunori, in arte Brunori SAS, che dopo aver condiviso tanto del suo percorso di vita e artistico con Firenze, torna dopo l’esperienza sanremese a calcare il nostro palco più grande, ovvero il Mandela Forum, il 16 marzo.
Brunori Sas, ovvero Dario Brunori: uno splendido 47enne che approda al Festival di Sanremo dopo una carriera quasi ventennale. Come ci sei arrivato?
«Mi sono avvicinato al Festival con spirito leggero, cercando il momento giusto per mettermi in gioco: sarà che un po’ mi sono ammorbidito con l’età o sarà anche che credo tanto nel brano. Dopo sedici anni di carriera è stato bello tornare a provare l’emozione del debuttante perché in sostanza sapere che ci sarà tutto un mondo che intercettava per la prima volta la mia musica mi ha restituito molta adrenalina».
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foto Chiara Mirelli
Stai collaborando con Riccardo Sinigallia, apprezzato anche dai nostri lettori. Come è nato questo legame e come ti ha arricchito?
«In nostro lavoro nasce da una lunga gestazione legata al mio desiderio di cambiamento: non è un processo, in sostanza, che decidi a tavolino. Sapevo (da fan sinigalliano) che quello della rigenerazione era un tema a lui molto caro e nel mio cuore lo sentivo “persona giusta”. Devo dire che ha superato di molto le mie aspettative, non conoscevo tutta la sua ricchissima parte umana e le lunghe chiacchierate con Riccardo sono state propedeutiche alla scrittura dell’album L’albero delle noci. Riccardo ha curato la produzione artistica come fosse un disco suo: per la prima volta mi sono aperto a una collaborazione tanto profonda quanto intima, cercando di mettermi il più possibile in discussione, senza utopistici intenti rivoluzionari ma con il desiderio genuino di una rigenerazione. Anche perché al sesto disco o fai così, o vai col pilota automatico».
album L’albero delle noci
In 20 anni di musica hai raccontato te stesso ed il mondo che ti circonda. Cosa è cambiato in questi anni?
«In questi 20 anni è innegabile sia cambiato il modo in cui guardo il mondo. Il periodo di stop forzato durante il Covid, pur nella sua drammaticità, è stato in sostanza funzionale al mio percorso creativo e stilistico oltre che necessario per fare chiarezza su alcuni aspetti intimi della mia vita: da qui è arrivata la necessità di rigenerazione che affronto nel nuovo disco. Con Riccardo Sinigallia abbiamo optato per un lavoro di sottrazione, abbandonando il superfluo e cercando di essere molto asciutti sia da un punto di vista testuale che poi anche nel racconto musicale. Nondimeno, la nascita di Fiammetta è arrivata ad arricchire la mia vita: diventare padre è un evento che porta a rivedere le tue priorità. Nell’Albero delle noci c’è tutta la gioia che genera la nascita di una figlia: l’ho detto più volte che questo album è una valle di lacrime: con Riccardo non ci siamo risparmiati».