Alle rubriche musicali di Lungarno, si sa, piace seguire gli artisti via via che le loro uscite crescono e si diversificano.
Bonje in Yurt è un affezionato di queste pagine: lo abbiamo seguito nel tour alle lavanderie automatiche, abbiamo guardato con interesse ai suoi video intensi e carichi di simboli. Oggi ascoltiamo il primo LP che pubblica, grazie alle collaborazioni sempre di alto livello a cui ci ha abituato, come il magico duo Cangi – Giuliani del Bluemoon Recording Studio a cui si deve la produzione.
L’EP si intitola “Are you ever tired?”, è uscito lunedì 23 ottobre ed è ascoltabile in tutte le piattaforme streaming. Le sonorità acustiche e soft rock che ricordavamo virano stavolta verso un’atmosfera decisamente più dark, con inserti elettronici che dialogano alle volte con chitarre incalzanti, a volte con una sezione ritmica solida e mai banale, ricca di variazioni capaci di tenere sempre alta l’attenzione e il “tiro”.
Marco (Bonje) riflette sulla condizione umana, questa volta lasciando i lidi dell’esperienza personale e allargando lo sguardo alla prospettiva alienante del lavoro contemporaneo. Le grafiche che lui stesso cura ci suggeriscono un mondo in cui gli schermi ci hanno ipnotizzato e a volte sono capaci di risucchiarci nelle loro luci al neon, quelle che non ti fanno mai veramente capire che ore siano all’esterno. In esse notiamo lo zampino degli stable diffusion, modelli di intelligenza artificiale che generano immagini sulla base di indicazioni linguistiche, creando quindi un mondo che è per definizione a metà tra realtà e finzione.
La band (ovvero la sua yurta) si concede ampi strumentali che conducono l’ascoltatore in questo mondo che ha le caratteristiche del sogno, ma i toni dell’incubo. Ci pensa la voce, cristallina ed energica, a svegliarci e riportarci coi piedi per terra. A completare il quadro anche una interessante versione di “Teardrop” dei Massive Attack, che avevamo sentito live e che apprezziamo molto nella sua rarefazione e ricorsività ipnotica.
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Crediti grafiche: Marco Bongini Crediti foto: Andrea Niccolò Melosi