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Signs of Love

Non dei semplici “nepo-baby”, ovvero figli di celebrità che decidono di perseguire la stessa strada dei genitori, ma due giovani attori con grande talento e personalità. Loro sono Hopper Penn e Zoë Bleu Sidel, rispettivamente il figlio di Sean Penn e la figlia dell’attrice Rosanna Arquette, protagonisti di Signs of Love, opera prima di Clarence Fuller, che si è aggiudicato il premio intitolato a Sergio Corbucci all’ultimo Festival del Cinema di Roma, in programmazione in questi giorni all’Astra di Piazza Beccaria.

Incontriamo Hopper e Zöe, in una breve presentazione alla stampa che ha preceduto l’anteprima fiorentina del film, per farci raccontare i personaggi di questo delicato romanzo di formazione sull’amore tra un ragazzo di strada e una brillante studentessa sordomuta.

Zöe:Per me questo film è stata un’opportunità preziosa proprio perché ho dovuto usare il linguaggio del corpo per comunicare invece della voce. Un modo più primitivo e animalesco, ma al tempo stesso poetico e sensuale. Credo che sia il ruolo più umano che ho interpretato fino ad oggi. Anche i miei occhi hanno svolto un ruolo importante perché ho dovuto imparare a leggere le labbra insieme al linguaggio dei segni ovviamente. È stato bello vedere come l’amore che lega il mio personaggio (Jane) a quello di Hopper (Frankie) si esprima con dei gesti e non con le parole. Ho studiato il linguaggio dei segni in poco tempo e senza particolare sostegno poiché era ancora in corso la pandemia. Prendevo lezioni su zoom e mi rendevo conto che avrei avuto bisogno del contatto umano. Credo che ci abbiano scelti perché assomigliamo ai nostri personaggi, ad esempio io sono molto romantica e come Jane mi innamoro spesso di “cattivi ragazzi”. Credo che chiunque debba essere amato senza essere giudicato e Frankie, in particolare, non è una persona malvagia ma semplicemente un ragazzo che ha trovato molti ostacoli sul suo cammino.”

 

Hopper:Non è stato affatto difficile dover essere in scena l’unico a parlare. Non ho sentito di dover riempire il vuoto nei dialoghi interpretando ciò che vorrebbe dire Jane nel film, credo piuttosto che sia stata Zöe a essere la mia voce. In fondo il mio personaggio, Frankie, quando lo incontriamo all’inizio del film è incompleto e senza scopo, è Jane a fargli capire che può dare una svolta alla sua vita.

Zöe ha un incredibile capacità di interagire con lo sguardo. È stato bellissimo grazie a questo film scoprire quanti sono i cliché che riguardano il dialogo con una persona sordomuta. È il personaggio di Zöe che fa capire a Frankie che non è lui quello sbagliato ma sono piuttosto le sue azioni ad esserlo. Non ho preparato questo personaggio con una tecnica particolare, ho chiesto al nostro regista Clarence di poter vivere per un periodo nei luoghi in cui vive Frankie, che sono poi quelli che lui stesso ha conosciuto nella sua infanzia. La mia interpretazione è basata sulle mie impressioni. Nella mia vita ho frequentato dei posti simili. Vivo a Los Angeles e ho visto cose che ricordano la realtà del personaggio. E poi anche io, come lui, ho commesso degli errori: alcuni li ho risolti su altri sto lavorando.”

 

Signs of Love è in programmazione al cinema Astra.
biglietti: https://stensen.org/attivita/signs-of-love-cinema-astra/

 

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