Le nuove piattaforme di Intelligenza Artificiale (AI, Artificial Intelligence) hanno aperto un ampio dibattito su numerose questioni in ambito economico, occupazionale, giuridico fino alle riflessioni di natura filosofica. Per questo motivo, abbiamo scelto di intervistare Simone Aliprandi – avvocato con un Phd in Società dell’informazione e docente di ISIA Firenze – in modo da approfondire un tema ostico, complesso e di interesse collettivo, quello della proprietà intellettuale e del diritto d’autore. Dal momento che questi mutamenti avvengono in tempi sempre più ridotti (talvolta anche nell’arco di pochi giorni) ci teniamo a precisare che l’intervista si è tenuta lunedì 13 febbraio 2023.
Iniziamo da una delle questioni più dibattute: a chi appartengono le opere prodotte con l’AI?
“La questione preliminare è capire innanzitutto se il risultato ottenuto può essere considerato un’opera dell’ingegno di carattere creativo e se questa rientri o meno sotto la tutela del diritto d’autore. Ad esempio, se chiediamo all’AI di disegnare un triangolo equilatero verde, non ci sarebbe comunque un diritto d’autore perché tutti (anche esseri umani) lo farebbero nello stesso modo. Se invece il risultato può essere considerato un’opera dell’ingegno in quanto sufficientemente originale e creativa, a quel punto bisogna chiedersi di chi sono i diritti. In questo caso, l’opera dovrebbe appartenere all’essere umano che ha dato l’input per realizzarla e ha ‘validato’ l’output; ma ovviamente la questione è più complessa”.
Che ruolo hanno i termini e le condizioni di utilizzo delle piattaforme?
“I termini di utilizzo rappresentano un secondo livello di analisi. Il ragionamento che facevo prima riguardava i principi generali del diritto, ma in mancanza di norme specifiche va tenuto presente cosa dice il contratto tra utente e fornitore della piattaforma. Ad esempio, nel paragrafo 3 dei termini d’uso di Open AI viene stabilito che i diritti sugli output vengono assegnati all’utente che poi è colui che ha l’ultima parola su ciò che dev’essere pubblicato; tuttavia viene anche dichiarato che Open AI si riserva alcuni diritti di utilizzo”.
Cosa accade quando l’AI utilizza contenuti trovati in rete che sono a loro volta protetti da copyright?
“Quello è il grande problema. Se l’AI viene addestrata attraverso l’utilizzo di opere trovate in rete significa che impara da contenuti protetti da copyright. Il grande dubbio è su come avvenga questo addestramento. Qualcuno dice che l’AI impari semplicemente ‘guardando’, altri ritengono invece che l’AI realizzi delle copie temporanee dei contenuti ‘guardati’ ma questo potrebbe risultare più problematico perché si innescherebbero questioni di diritto d’autore e soprattutto di diritto sui generis (cioè il diritto che in EU tutela le banche dati). Siamo in una fase di incertezza ma anche molto affascinante perché il diritto si sta ponendo delle questioni che altrimenti non si sarebbe mai posto”.
E quindi quali sono le principali implicazioni sul piano del diritto?
“Tra le varie questioni, c’è quella dei ‘diritti morali d’autore’. Si tratta di diritti che non sono riconosciuti ovunque, negli Stati Uniti ad esempio non ci sono, e non sono sicuro che si possa parlare di un diritto morale su qualcosa che viene generato da un sistema software. Manterrei la discussione sul piano dei diritti di utilizzazione; ma anche lì fino a che non ci sarà una prima decisione di un giudice o una legge specifica sul tema, la questione non potrà essere chiarita. Il problema è che il diritto d’autore con l’avvento del digitale e della rete aveva già mostrato la sua fragilità e difficoltà nel seguire queste nuove forme di fruizione. Ad oggi posso esprimere una mia opinione basandomi sui principi generali e anche sullo studio dei termini di utilizzo delle piattaforme, gli unici testi che sono più al passo con il tempo ma che non possono essere considerati dei riferimenti solidi come un testo legislativo ovviamente.
In conclusione, credo che l’AI sia un’innovazione duratura, non si tratta di una bolla come quella degli NFT. L’AI porterà a oggettive applicazioni con impatto indubbiamente rivoluzionario; restano però da capire la questione giuridica, occupazionale e ambientale”.