Site icon Lungarno

L’arte per Alfredo Pirri, una risposta che genera altre domande

“L’arte oggi deve saper dare soprattutto risposte, risposte che possano generare altre domande”.

Alfredo Pirri è uno dei più affermati artisti italiani contemporanei; nato a Cosenza, ha – prima di stabilirsi a Roma – vissuto e studiato proprio a Firenze. “Una città che conosco bene, in cui mi confronto spesso con gli artisti che qui vivono e che da sempre sconta l’eredità e il peso del proprio passato artistico” dal quale tuttavia sta tentando di emanciparsi. “Ho apprezzato molto l’apertura del Museo Novecento, così come del complesso de Le Murate e anche il resto degli interventi urbanistici che sono stati fatti”.

E tuttativa il confine tra ciò che formale e ciò che è sostanziale è molto sottile. Occorre avere il coraggio di confrontarsi con la storia dell’arte e rinnovarla radicalmente, senza fermarsi al decorativo. Ma sono consapevole che con una città come Firenze, dove il turista cerca invece la solita immagine tradizionale, da cartolina, farlo diventa difficile. Ci sono alcuni esempi, di rigenerazione artistica come quelli a Barcellona (città in cui si trova al momento dell’intervista, ndr) che ho trovato impressionanti, eppure la città non ha perduto i propri elementi caratteristici”.

Ciò che definisce lo stile di Pirri è il profondo interesse per gli spazi e le architetture, che determinano l’ideazione di atmosfere avvolgenti e talvolta surreali. Prospettive con orizzonti è la sua opera di copertura della Sala Zubin Mehta, nuovo Auditorium del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Un sito archeologico metafisico. Una cava di marmo in cui è scavata una trincea utile all’estrazione del prezioso minerale. Un luogo all’interno del quale penetrare, sovrastato da aree colorate sovrapposte. Il progetto artistico si sviluppa su una superficie di notevoli dimensioni, circa 2 mila e 270 metri quadri al limitare del Parco delle Cascine. “Questo mio lavoro nasce come ‘staffetta’ rispetto a un lavoro architettonico in corso d’opera. Si tratta di una sequenza di forme piene e vuote che si inseguono determinando un succedersi cromatico e luminoso che muta secondo l’alternarsi del giorno e della notte e dell’affiorare o sprofondare degli elementi. Esso è composto di piani cromatici orizzontali da cui affiorano parallelepipedi metallici non funzionali o, al contrario, affondano elementi compressi di specchio e vetro che accolgono, al loro interno, piume che paiono appena cadute dal cielo”.

E se alcuni tra gli ultimi lavori più noti di Pirri, come quelli al Palazzo d’Avalos di Procida, a Palazzo Altemps a Roma o al Castello Maniace di Siracusa tendono a far dialogare direttamente il contemporaneo con l’antico, quello di Firenze dialoga solo in apparenza con un edificio molto recente: “fin dal primo sopralluogo mi sono sentito immerso dentro un paesaggio toscano: ho avuto l’impressione di camminare in una cava di marmo oppure in uno scavo archeologico. Le cave mi hanno sempre affascinato per il loro nitore, quel bianco che le rende astratte eppure tanto reali, pesanti ma fantasmatiche e metafisiche. Con quest’opera vorrei evocarne l’atmosfera”, “una materia che si trasforma in luce. Quest’opera si propone di dialogare con il paesaggio architettonico cittadino, sia esso di natura storica o attuale in un’altalena continua tra presente e passato”. In attesa di essere definitivamente resa a libero accesso, attualmente l’opera è visitabile su prenotazione presso la biglietteria del Maggio ed è praticamente tutto esaurito fino a marzo.

Exit mobile version