Balla alla luna è il gruppo di persone e collettivi fiorentini che sabato 17 dicembre 2022 ha chiamato a raccolta cittadini e cittadine per manifestare contro il ‘decreto anti-rave’. Il ritrovo era fissato alle 15 in piazza Santa Maria Novella, tra carri, sound system e installazioni artistiche. La street parade ha attraversato l’Oltrarno, fino a raggiungere il piazzale del Poggio Imperiale, dove si è conclusa tra le 22 e le 23.
Non solo Firenze. Numerose città italiane e francesi hanno aderito all’iniziativa coordinata dal movimento Smash repression che ha visto la partecipazione di migliaia di manifestanti mossi dalla stessa convinzione: “you might stop the party but you can’t stop the future”. Abbiamo intervistato un organizzatore e un’organizzatrice della street parade che hanno scelto di utilizzare l’anonimato per tutelare la propria identità.
Da cosa nasce l’esigenza di organizzare una manifestazione contro il decreto anti-rave? E perché proprio una street parade? Che differenza c’è rispetto al tradizionale corteo di protesta?
M: “La street parade nasce per rivendicare il diritto di ritrovarci spontaneamente e di manifestare la nostra libertà di espressione. Abbiamo scelto di organizzare una street parade perché si tratta di una forma di protesta diversa dal tradizionale corteo, dove si dà più spazio a interventi e azioni politiche specifiche. La street è un momento in un cui un fiume di persone si ritrova per muoversi insieme, ballando a ritmo di musica.”
D: “È un modo diverso di concepire il conflitto che passa attraverso il divertimento per rivendicare ciò che riteniamo importante. Si tratta poi di una manifestazione molto complessa da organizzare perché richiede il coordinamento e la convergenza di diverse realtà.”
E quindi l’elemento del divertimento quanto è importante? E perché è percepito in modo così scomodo da diversi attori della società?
M: “Per noi è importante rivendicare il diritto di fare socialità e tutto questo risulta scomodo al diffuso pensiero moralista perché il nostro modo di aggregarci lo punge. È scomodo perché ci auto-organizziamo, perché il nostro divertimento è gratuito e accessibile, perché proponiamo una concezione del tempo e della produttività diversa rispetto a quella imperante. Apro una parentesi che vorrei approfondire riguardo all’associazione dei free party all’uso di sostanze, un’altra scomodità. L’utilizzo di sostanze è endemico, un fenomeno molto diffuso a livello sociale che nel mondo dei rave party è semplicemente più evidente rispetto ad altri contesti. Le sostante esistono, lo sappiamo, e nessuno di noi negherebbe il fatto che talvolta rappresentino un problema. Quello che però per noi è prioritario è impegnarsi nella riduzione del danno. Vogliamo parlare di prevenzione e soprattutto di salute. Rendere il tema delle sostanze un tabù o tentare di proibirle non può funzionare, non ha mai funzionato. Noi proponiamo di fare informazione su come utilizzarle, collaborando con persone capaci di gestire situazioni critiche e di risolvere un problema.”
D: “Per questo parliamo di questione morale. In Italia, rispetto a diverse problematiche si cade spesso nella narrazione decoro-degrado. Le amministrazioni portano avanti politiche che tendono a nascondere la polvere sotto il tappeto senza risolvere davvero le criticità.”
M: “Soprattuto in una città come Firenze che è l’emblema delle città vetrina.”
Quindi la manifestazione non si lega soltanto ai free party ma anche alle dinamiche di marginalizzazione ed esclusione sociale? A chi si rivolge il movimento Balla alla luna?
D: “Ci rivolgiamo a tutte le fasce della popolazione che si trovano ai margini. Non si tratta solo dei giovani ma di tutti i gruppi sociali che vengono individuati come nuovi nemici da criminalizzare. Molto spesso la politica e le amministrazioni comunali non sono capaci di risolvere problemi complessi e cercano di aggirare le criticità in questo modo, dirottando l’attenzione su altro.”
M: “Con la street parade, volevamo rivendicare un modo più libero di vivere le città. In una società dove non c’è spazio di espressione e di movimento, dove non è accettato il nostro modo di socializzare, si creano facilmente occasione per criminalizzare l’aggregazione spontanea. E questo è successo soprattutto durante la pandemia. Non è una novità che nelle piazze non si possa più stare, il decreto va solo a coronare il progetto, già da tempo avviato dalle amministrazioni comunali, di privatizzare gli spazi e reprimere il nostro modo di riunirci. Un modo, intendiamoci, che non è soltanto quello di andare ai rave o ascoltare la musica. Noi socializziamo vivendo le piazze e le città. Non vogliamo sentirci vincolati ai locali a pagamento, rivendichiamo la possibilità di vivere spazi liberi dalle logiche del consumo. Il decreto va a colpire principalmente i rave, ma in realtà colpisce tutte le modalità di aggregazione spontanea, tutti i ritrovi sociali.”
D: “Vent’anni fa, i giovani di Firenze si trovavano in modo spontaneo all’Anfiteatro delle Cascine, un posto lontano dal centro storico. Poi l’Anfiteatro ha cambiato la sua destinazione d’uso e adesso la convivenza tra giovani e residenti è sempre più conflittuale.”
E quindi cosa chiedete con la vostra assemblea?
D: “Prima di tutto, chiediamo di eliminare il decreto.”
M: “E anche di cambiare la comunicazione su molte questioni che orbitano attorno al decreto e ai rave party. La repressione e il proibizionismo non sono mai la soluzione. Diciamoci che esistono i giovani, che esiste la musica e che c’è bisogno di spazi per fare in modo che questi ritrovi si svolgano in modo più sicuro. Questo chiediamo. Per socializzare dobbiamo sederci per forza ai tavolini di un bar? E poi perché dovremo farlo se il reddito e l’occupazione dei giovani non è garantita? Chiediamo anche di parlare di salute, di prevenzione, di riduzione del danno. Fare la guerra alle sostanze senza proporre delle alternative significa non affrontare il problema, metterlo in un angolo.”
Per quanto riguarda la comunicazione sulla street parade di sabato 17 dicembre, ci raccontate cosa è successo? Come l’avete vissuta dall’interno e cosa è stato raccontato dai media?
D: “Io l’ho vissuta quasi tutto il tempo in fondo a pulire. Dopo aver suonato sul carro mi sono unito al gruppo che chiudeva la manifestazione e che si occupava di lasciare la strada pulita. E ci tengo a precisare che non abbiamo pulito solo i rifiuti lasciati dalla street parade.”
M: “Io ero in cima ed è stato bellissimo vedere 10 mila persone riunite per una manifestazione costruita in un mese e mezzo da collettivi e individui che non si erano mai trovati tutti insieme in assemblea.”
D: “Organizzarla è stato impegnativo ma il risultato ci ha restituito un profondo senso di soddisfazione. Decine di persone si sono impegnate a titolo gratuito per coprire diversi ruoli, dai volontari al progetto Extreme per la riduzione del danno, fino ai gruppi di pulizie. Molte delle persone che hanno partecipato ci hanno ringraziato, c’erano tanti giovani ma non solo, è stato una riunione intergenerazionale, eterogenea ed estremamente partecipata. Questo dimostra che il decreto non colpisce solo i rave.”
M: “L’orario di chiusura della street parade alle 22 è stato richiesto anche per avere il tempo di pulire tutto e restituire il piazzale del Poggio Imperiale come lo avevamo trovato, anzi ancora meglio. Tanti giornali però hanno raccontato della street diversamente, scrivendo falsità. Hanno parlato di rave illegale quando, di fatto, la manifestazione era autorizzata dalla Questura di Firenze. I media vogliono compromettere la nostra voglia di portare avanti queste iniziative, invece gli articoli che sono usciti, su di noi, hanno l’effetto opposto. Trasformano la nostra rabbia in desiderio di unirci ancora di più per continuare a portare avanti le nostre rivendicazioni in modo gioioso. Ciò che è stato scritto sui giornali in realtà è molto scontato, ce lo aspettavamo. È ciò che succede quando le cose riescono.”
D: “Quando le cose non funzionano infatti ci sono diversi elementi ai quali attaccarsi, quando invece funzionano si cade nella banalizzazione dei fatti. Viviamo in una società raccontata attraverso episodi negativi, nemici immaginari spesso costruiti dalla stampa stessa. A me infatti dispiace di più cosa non sia stato scritto. Perché nessuno ha parlato del motivo che ha spinto migliaia di giovani a riunirsi sabato? Se fosse successo qualcosa di brutto, ci sarebbe stato molto materiale di cui parlare. Invece siamo stati semplicemente sotto rappresentati, hanno detto che eravamo poche centinaia di persone ma questo non era assolutamente vero. Hanno scritto che Firenze era bloccata e che i residenti si lamentavano quando invece molte persone mentre attraversavamo le strade ci applaudivano e ci ringraziavano per il lavoro di pulizia che stavamo svolgendo in coda alla street parade. L’informazione non vuole rendere i giovani un soggetto sociale forte. Tutto questo è molto triste, il giornalismo spesso racconta la realtà solo attraverso i problemi.”
M: “Ma infatti va bene così, lo sapevamo. Noi il risultato a casa l’abbiamo portato.”
Come sono stati definiti i rave party nelle comunicazioni ufficiali? Perché sono considerati un pericolo per l’incolumità pubblica? Qual è il messaggio che volete diffondere rispetto a questa cultura?
D: “A noi interessa avviare un dialogo con la cittadinanza, spiegare perché riteniamo sbagliato questo decreto che è durissimo. E soprattutto, ci interessa fare informazione sui rave. C’è un grande misconoscimento su questa cultura, il decreto vorrebbe arginare i rave party ma chi ha scritto la legge non sa di cosa si tratta realmente, per questo non riescono a definirli. La parola rave è stata utilizzata in modo improprio dal Governo che l’ha definita un raduno con musica e spaccio di più di 100 persone in un terreno privato. Allora perché sui giornali è stato scritto che la street parade di sabato era un rave quando invece si trattava di una manifestazione autorizzata nello spazio pubblico della città?”
M: “Per noi il rave è anche uno strumento di critica politica. Attraverso l’occupazione di una fabbrica abbandonata, ad esempio, viene lasciata una critica al sistema industriale e alla società capitalista.”
D: “Negli ultimi hanno il concetto di rave si è trasformato perché la fruizione degli spazi è cambiata. All’aumentare dei vincoli e delle restrizioni, i free party hanno trovato una seconda vita, funziona così. Maggiore è la repressione e più diffusa è l’esigenza di trovare nuovi modi di riunirsi.”
M: “La società cambia e noi cambiamo con questa. Se ‘rave’ oggi significa per le istituzioni una cultura da eliminare, per le persone diventa ancora di più uno strumento di liberazione e rivendicazione.”
Quali sono le intenzioni di Balla alla luna? La vostra assemblea continuerà?
M: “Sicuramente abbiamo intenzione di continuare il progetto ma non ci siamo ancora ritrovate per discutere di ciò che è successo sabato. Parleremo di quanto siamo state brave a organizzare la giornata e anche di ciò che potrà essere migliorato per il futuro.”
D: “Io ci tenevo anche a dire che il coordinamento nazionale e internazionale Smash repression ha visto la partecipazione di molte realtà francesi che si sono dimostrate solidali. In questo mese di assemblee ci siamo resi conto che c’è un terreno comune a livello di critica e di ideali che unisce pratiche e persone diverse. Non tutti riescono ad avere la forza di guardare in faccia i problemi, la sofferenza e il senso di precarietà. Uno dei modi per affrontare il dolore è proprio quello di stare insieme, divertendosi e condividendo esperienze.”
M: “Quando ci ritroveremo con Balla alla luna per la restituzione ci guarderemo in faccia per contarci e dirci che siamo state tante, mosse dallo stesso desiderio. Il bisogno di aggregarsi non è di pochi, è generalizzato ed esteso a tante persone. Manifestare per il diritto di scegliere la nostra socialità significa soprattutto rivendicare il nostro futuro. Siamo tutte sulla stessa barca e abbiamo voglia di creare una realtà che sia più alla nostra portata.”