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Racconti fiorentini con la scusa di un libro | La fiaba nucleare dell’uomo bambino di Hamid Ismailov

di Carlo Benedetti

Quando gli scienziati ci avevano spiegato che una guerra nucleare avrebbe fermato il tempo, tutti pensammo che fosse una metafora per addolcire la fine del mondo, un modo poetico di raccontare l’apocalisse. Nessuno immaginava questo loop infinito che si conclude sempre con lo stesso fungo atomico sopra la cupola di Brunelleschi.

Continuo a bere lo stesso caffè seduto nel bar delle Oblate e, per quanto ormai odii il caffè, non posso fare a meno di berlo, di nuovo, all’infinito. Metto mezza bustina di zucchero, giro bene, bevo e come riappoggio la tazzina, alzo lo sguardo all’immensa vetrata e vedo una virgola scura piombare sulla cupola che invece di collassare lancia per aria tutte le sue tegole rosse, poi mi sento bruciare ogni centimetro di pelle, solo un istante, e poi più nulla e sono di nuovo in fila per ordinare.

Mi chiedo se succeda anche a quelli chiusi nei loro bunker miliardari o se invece il loro tempo continui a scorrere, chiuso sotto decine di metri in cemento e acciaio, giorno dopo giorno, perso a mangiare polveri liofilizzate e fare yoga. Non credo di avere niente da invidiargli: hanno solo qualche ora in più prima di dover dormire e poi svegliarsi e ricominciare da capo.

Io almeno posso dire di essere l’ultimo a vedere la cupola, la balaustra non finita, quella “gabbia per grilli” che Michelangiolo odiava. E posso dirlo di continuo. Non dico altro alla barista carina che ero venuto a salutare.

“Siamo fortunati, no?” mi risponde lei, ogni volta.

Hamid Ismailov, La fiaba nucleare dell’uomo bambino, Utopia, 2021 – 17€

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