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Giri di clessidra. Simone Innocenti, “L’anno capovolto”

Lungarno se ne era occupato pochi mesi fa, attraverso il ritratto di Tommaso Ciuffoletti.
Ma del Simone Innocenti “scrittore” si era detto poco, ed è bene rimediare. Perché il giornalista toscano originario di Montelupo è da poco tornato in libreria con
“L’anno capovolto” (Blu Atlantide – €16,50), ed è autore di un’opera che rimescola la penna nella terra, con una voce letteraria che dai grovigli delle radici si alza in alto. E ci consegna una storia – tante storie, anzi – da leggere e meditare.

È la notte di Capodanno e una compagnia di vecchi amici si trova a festeggiare in una villa ai Ronchi, vicino a Massa. Diciotto capitoli, uno per ogni personaggio, con i racconti di uomini e donne che si intrecciano e si inseguono attorno al tavolo, attraverso le stanze e i terrazzi, fino al bagno, dove la clessidra segna il passare del tempo.

Ci sono il poliziotto e la modella, l’imprenditore e l’enigmista, il maestro di tennis e l’assicuratrice. Ma non è un catalogo umano, né una raccolta di racconti sciolti. Ogni storia, anche laddove potrebbe cedere al gusto per l’esagerazione macchiettistica, rivela infine un surplus di sensibilità. “L’anno capovolto” è un romanzo sul tempo, che scorre per tutti ma a volte si guasta, certe volte accelera, e infine si inceppa in un breviario di dubbi. Il romanzo è generoso di colpi di scena e ha il raro dono di sorprendere con dettagli cesellati, mai manichei, e lo stupore – così come il dolore – è guidato da una scrittura tanto densa quanto leggera.

C’è spazio per l’amore, per la fede, per la rabbia, per il sesso, per la solitudine e per la perversione, per l’angoscia e per il dominio, e mai che una sfumatura, appena accennata, non vada a segno. Tra i molti personaggi notevoli il mio favore va nettamente a Enrico, lo sfottuto, il reietto in cerca di riscatto: inadatto alla compagnia, bersaglio di sfottò e crudeltà, è presente ma escluso, e nella sua solitudine rancorosa può sognare il riscatto e far crescere un livore libero da intralci.

Nel teatrino delle pose sorridenti le solitudini sono tante: la festa può apparire davvero una recita temporanea, giusto qualche giro di clessidra, poi ognuno potrà tornare a vivere lontano dagli occhi degli altri. Ma bisogna fare in fretta: perché alla mezzanotte, nel “tempo precipitato”, tutto si può ribaltare, la villa può rivelarsi fragile, perché in fondo tutto quanto è sabbia che scorre, anche la finzione.

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