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ANDARE IN OCA, L’OMAGGIO A GIULIANO SCABIA DEL MUSEO MARINO MARINI

Giuliano Scabia

foto: Asia Neri

di Asia Neri

Giuliano Scabia (1935 – 2021) è poeta e drammaturgo, romanziere e cantastorie, innovatore e uomo di cultura. Il Museo Marino Marini di Firenze dedica un omaggio a questa figura chiave del Dopoguerra italiano con Giuliano Scabia. Andare in Oca, l’esposizione che inaugura quest’oggi – mercoledì 29 giugno – alle ore 19.00, presso lo spazio espositivo di Piazza San Pancrazio. L’autore viveva da tempo a Firenze, città che lo ha ospitato nel periodo di maturità artistica e che ne celebra lo storytelling visuale e avanguardista a circa un anno dalla sua scomparsa.

andare in oca

Andare in oca: l’estasi del giovane Nene

La mostra raccogliere il ciclo di quattro romanzi dialettali pubblicati da Einaudi (1992, 2005, 2009, 2019) e dedicati alle magiche avventure di Giovanni. Con Nane Oca, Giuliano Scabia costruisce una poetica del fantastico utilizzando i medium dell’immagine e della parola per raccontare storie di bambini del padovano attraversano una simbologia propria del mondo vegetale, animale e immaginario. In particolare, i suoi calligrammi sono dedicati a un erbario disegnato con la scrittura; un approccio affine a quello della poesia visiva, alla quale si era avvicinato durante la seconda metà del Novecento con la vicinanza alla neo-avanguardia letteraria del Gruppo 63. Il titolo dell’esposizione, Andare in oca, riprende un’espressione del dialetto padovano comunemente utilizzata per indicare la percezione di un momento estatico: Nane, il protagonista della storia, perde infatti la testa per amore in seguito a un innamoramento di diverse fanciulle. L’oca assume una duplice sembianza, trasformandosi in opera fisica con l’installazione di cartapesta realizzata dallo stesso artista: un mezzo espressivo di natura scultorea che era solito utilizzare anche per il suo ‘teatro vagante’.

Non solo poesia visiva, il suono e l’ambiente immersivo

L’esposizione realizzata con il contributo di Fondazione CR Firenze e curata da Andrea Mancini, Massimo Marino e Stefano Rovai si propone di ricreare un ambiente immersivo nel quale la narrazione onomatopeica di Scabia si rende suono e poesia, mappa e labirinto, invitando alla riscoperta di un linguaggio della tradizione veneta che si ibrida con l’illustrazione. La scrittura è atto di procreazione e «le parole creano le cose» racconta Patrizia Asproni, presidente del Museo Marino Marini che approfondisce il lavoro dell’artista insieme alla moglie. Cristina Giglioli, acuta interprete della produzione del compagno, introduce un estratto di un componimento poetico che assomiglia a una sorta di dichiarazione d’intenti di Scabia che, sempre teso con l’orecchio ad ascoltare rumori della natura, scrive: «adesso dunque, come negli antichi tempi trascriverò tutto, non volevo perdere niente di quel momento di vena. […] presi la penna, il taccuino e trascrissi ogni suono, fedelmente, appuntando secondo la forma della visione. Alla fine il risultato del disegno, così».
L’allestimento, a cura di RovaiWeber design, è pensato infatti per una fruizione attiva da parte del pubblico che si trova a esplorare l’universo esoterico dello scrittore servendosi di una torcia, lasciandosi suggestionare dalle proiezioni, camminando sul tappeto sonoro interpretato dalla voce dello stesso autore. Una scelta curatoriale ispirata ad alcuni aneddoti sull’artista che lo vedevano protagonista di reading notturni nei boschi dell’Appennino. Le lanterne del passato di Scabia si fanno espediente magico della retrospettiva a lui dedicata, ricordando il pensatore visionario come punto di riferimento per le generazioni coeve e successive di attori, poeti, scrittori, performers.

Giuliano Scabia, il teatro e Franco Basaglia

Giuliano Scabia lascia un’eredità determinante anche per il mondo del teatro. Tra gli anni Sessanta e Ottanta, ha divulgato la contemporaneità dilatando la pratica teatrale attraverso delle estensioni sperimentali indirizzate verso luoghi sperduti, periferici, abbandonati, inconsueti, controversi delle città. Le sue azioni itineranti hanno catalizzato il processo di smantellamento degli ospedali psichiatrici, a seguito dell’approvazione della legge Basaglia nel 1978. L’iniziativa riformatrice trova una reinterpretazione creativa nell’opera Marco Cavallo di Scabia;  il pupazzo di cartapesta, costruito durante un laboratorio con i pazienti della struttura psichiatrica gestita dallo psicologo Franco Basaglia, diviene infatti analogia di questo rovesciamento. La creatura azzurra si muove dall’ospedale verso il centro di Trieste, oltrepassando il confine tradizionalmente imposto tra reclusione dei casi psichiatrici e libertà di socializzazione con la città. Giuliano Scabia partecipa alla Biennale Teatro del 1975, scrive testi per spettacoli di fama nazionale; qualche anno prima, nel 1972, diviene professore al DAMS di Bologna innescando nuove occasioni di azioni teatrali, realizzate insieme ai propri studenti.

“[…]
O foreste sorelle infinite
finalmente un po’ rivelate
anche dopo l’ultima stella
faranno le Muse e le fate
insieme all’Uomo Selvaggio
una nuova, infinita
foresta sorella.”

La mostra

La mostra sarà visitabile dal 2 luglio al 19 settembre. I giorni di apertura sono il sabato, la domenica e il lunedì, dalle ore 10.00 alle ore 19.00.
Per maggiori informazioni è possibile contattare lo 055 219432 oppure consultare il sito www.museomarinomarini.it.

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