Esiste un libro che, se solo fossimo uno stato laico, riempirebbe tutti gli zaini degli studenti delle scuole dell’obbligo. Questo libro si chiama “Armi, acciaio e malattie” (Jared Diamond, 1997) e spiega in poche centinaia di pagine perché quello che chiamiamo “occidente”, e la razza caucasica che lo rappresenta, ha “colonizzato” larga parte del globo terrestre. Perché non sono stati gli Aztechi un giorno d’estate a presentarsi a Roma per chiedere agli incivili cristiani di accettare il proprio Dio etc etc. Spiega perché un manipolo di spagnoli all’arrembaggio dell’ignoto, a cavallo con armi da fuoco, ha distrutto gli infiniti eserciti di Montezuma che combattevano con le mazze di legno e altre cose interessanti.
In una estrema sintesi, dà la ragione di tutto ciò all’agricoltura, alla voglia di mettere su casa prima che arrivassero i mutui e di stanziarsi in un luogo, preferendo l’ipocalorica sicurezza del raccolto al brivido della caccia, che beccavi una preda, senza restarci secco, quando e se le stelle lo volevano. La noia dell’ovvio VS la gloria dell’imprevisto. Un po’ l’eterno dilemma tra “apro partita Iva o aspetto la busta paga?”. Diventare stanziali in aree poco floride ha significato imparare ad ammaestrare il terreno a proprio piacimento e coltivare ha implicato l’addomesticare animali e di conseguenza immunizzarsi ai virus che facevano il salto di specie. L’accumulare cibo ha permesso di generare commerci, avere meno pensieri sul cosa portare a tavola e poterci ingegnare ed organizzare in società complesse dove le riserve agricole permettevano l’esistenza di ruoli sociali che amministrassero, governassero e avessero voglia di aumentare sempre di più i propri averi.
Ti spiega insomma che dalla patata al nucleare è un attimo.