di Tommaso Ciuffoletti
“Questo è serbo, i serbi tu lo sai, son persone serie”. Ricordo perfettamente il tono solenne con cui questa frase venne pronunciata una mattina al bar Marisa. Che i tizi a dibattito avessero una vaga idea di dove collocare la Serbia su una cartina muta, è cosa sulla quale conservo i miei dubbi. Tuttavia mi piaceva l’idea della serietà come tratto nazionale serbo.
Pochi giorni fa sono tornato a fare colazione al bar Marisa, ma quel serio serbo di qualche mese prima, era improvvisamente diventato uno zingaro di m. e varie altre cose che non staremo qui a riportare.
Si dirà che i tifosi son così e vanno capiti.
Il problema è capirli.
Come spiegheresti, ad un bambino, che tipicamente il tifoso usa parole come orgoglio, onore e dignità e un secondo dopo è là che urla a tutta voce a qualcuno che appartiene ad una qualche etnia che si paragona ad un escremento? O che la sua mamma lavora nel mercato del sesso?
E dire che lo fanno per partecipare emotivamente alle vicende sportive di un’azienda privata di proprietà di un imprenditore americano di origine calabrese, che paga milioni di euro qualche decina di ragazzi che prendono a calci una palla. E tutto questo lo fanno nel mentre che si lamentano del calcio moderno. Il problema è che il calcio moderno sono loro. I tifosi.
Quindi che gli dici a un bambino? Che i tifosi sono come bambini? Temo sarebbe scorretto. Nei confronti dei bambini.