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100 di questi numeri

100 volte lungarno

E così siamo arrivati al numero 100. La storia di questa stramba rivista è unica e uguale a tante altre. Eravamo quattro amici al bar che senza arte né parte hanno messo su un mensile gratuito di arte e cultura a Firenze semplicemente perché ritenevano ce ne fosse bisogno. Mese dopo mese si sono avvicinate persone curiose, pronte a dare il loro contributo per sviluppare un progetto che si faceva sempre più intenso e interessante. Sono nate così le copertine illustrate che in breve tempo sono diventate il marchio distintivo per riconoscere e recuperare la rivista in città. Ogni giorno crescevano le richieste di collaborazione, che accoglievamo con un misto di orgoglio e vergogna per l’impossibilità di dare il giusto compenso alla professionalità messa in campo. Eppure non era mai un problema. Grazie ad un’intensa rete di conoscenze più o meno personali, Lungarno si è fatto strada nell’offerta di navigazione culturale della città, conquistando inserzionisti e lettori, collaboratori e amici. La gestione di tutta la macchina è stata portata avanti dall’Associazione Culturale Lungarno con tanta passione e fatica, dalla nascita fino a febbraio 2018.

Adesso Lungarno ha una casa con un tetto ben più solido e fondamenta stabili. Tabloid Società Cooperativa ne è editore e famiglia.

L’aspetto che mi ha sempre affascinato di questa storia è che alla fine del mio consueto racconto, spesso la domanda è stata: “ma come fate? Qual è il segreto?”. Che piaccia o no, che ci crediate o meno, io non so dare altre risposte: passione, fiducia, coraggio e divertimento. No, non è sempre stato tutto rose e fiori come non lo è tutt’oggi. Stampare e distribuire una rivista cartacea gratuita in un mondo che guarda inesorabilmente sempre più al digitale è una sfida quotidiana. Non ci sono ricavi da capogiro, non ci sono finanziatori misteriosi. C’è un gruppo di persone che, come dieci anni fa, ritiene importante continuare a crederci. Infondere passione, a volte basta una briciola, anche all’ultimo stagista è fondamentale per far capire che senza questo ingrediente Lungarno non sarebbe nato e men che meno vissuto per 100 edizioni.

“A Lungarno non si chiede, a Lungarno si dà”. Questa frase mi rimbomba in testa da quando mi è stata detta in seguito a delle scuse per un ritardo nei pagamenti redazionali e per quanto profondamente sbagliata dal punto di vista di etica del lavoro (mai, mai, mai lavorare gratuitamente) trovo sia l’essenza del famoso perché Lungarno funzioni ancora dopo tutto questo tempo.

Difficile dire quante persone nel corso di questi 10 anni abbiano fatto capolino per un tempo più o meno lungo. È invece molto facile riconoscere che tutti hanno contribuito a rendere Lungarno quel che è adesso.

Marco Mannucci è stato il primo Direttore Responsabile, quello che ha messo la propria fedina penale nelle nostre inesperte mani (se non è fiducia questa, io non lo so) dando saggi consigli e confortanti sorrisi. Gabriele Ametrano ne ha preso le redini da maggio 2016 ad aprile 2019, portando la rivista ad un alto livello di competenza e serietà. Questo ha aperto le porte a dialoghi con nuovi interlocutori, accrescendo l’affidabilità del progetto e creando le basi per un futuro duraturo. Jacopo Aiazzi è l’attuale direttore, che con impegno e dedizione porta avanti il progetto da giugno 2019. Si è beccato la pandemia, i miei sfoghi – tanti, ve lo assicuro – molteplici riassetti redazionali e i complimenti sinceri di tanti colleghi giornalisti. Ci sono poi le tre ninfe che da sempre curano l’andamento quotidiano del giornale. Bianca Ingino, Arianna Giullori e Valentina Messina sono le gambe senza le quali questo strambo tavolino non starebbe in piedi. Accanto a loro, un pugno di collaboratori con noi sin dall’inizio, che non poche volte hanno impiegato ben altre risorse, oltre a quelle linguistiche, nel dare una mano; penso a Marta Staulo per gli eventi, a Riccardo Morandi per l’affiancamento redazionale e a Michele Baldini per i bandi. A questo giro non posso, proprio non posso (il direttore Aiazzi è molto rigido sulle battute), elencare tutti; ma tutti sanno quanto importanti siano.

Letizia Bottini ed Enrico Agostini sono Tabloid, ma sono anche amici che hanno scommesso come e più di noi sul futuro di questo progetto. Quando scrivo noi intendo tutti questi tizi nominati sopra. Un pochino più noi siamo Samuele Formiconi, Leonardo Cianfanelli e Matilde Sereni. Menzione speciale a Gabriele Giustini, ideatore originale della bambola e a Tommaso Rosa, socio fondatore, mente brillante e fratello ancora oggi.

100 di questi numeri.

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