ARLO PARKS “Collapsed in Sunbeam”
Transgressive
Il mercato discografico inglese, come d’altronde quello di tutti gli altri paesi, tra cui il nostro, vive spesso di hype creato da discografici e addetti del settore, tra cui molte figure che iniziano a tartassarci su quanto sia bello il brano x dell’artista y che loro hanno ascoltato e che non vedono l’ora che anche noi, poveri sfigatelli, si abbia la fortuna di ascoltare. Molte volte poi, lo sfigatello di turno, si ritrova con un pugno di mosche in mano, perché dietro l’hype non c’è nulla. Sarà per il prossimo giro. Il rischio che anche Arlo Parks potesse essere fra quelle del pugno di mosche, c’era tutto, ma il suo debutto “Collapsed in Sunbeams” mette a tacere qualsiasi preconcetto. Arrivato dopo un paio di ep e soprattutto dopo un biglietto da visita di lusso come ‘Cola’, canzone d’esordio del 2018, il disco si muove trasversale tra pop, trip-hop e soul, figlio anche dell’eredità meticcia della stessa Arlo. Sono molti i momenti di classe – uno su tutti quello di ‘Caroline’, brano magnifico – ma è la scrittura, asciutta e alla ricerca di una luce tra cinismo e ottimismo, sorprendente per una ventenne, a rivelare un’artista vera, lontana anni luce da un hype plastificato. Se proprio dobbiamo cercare un pelo nell’uovo in mezzo a tanta bellezza, lo si trova forse in una produzione, in alcuni brani, eccessivamente levigata. Ma è roba da vecchi brontoloni.
ADRIAN YOUNGE “The American Negro”
Jazz Is Dead
Adrian Younge è un polistrumentista, compositore di colonne sonore e produttore con uno studio analogico e un negozio di dischi a Los Angeles. È un membro di The Midnight Hour e ha prodotto per grandi dell’intrattenimento come Jay Z, Kendrick Lamar e Wu Tang Clan. Ha realizzato una serie di uscite collaborative per la sua etichetta Jazz Is Dead ma ancora non aveva pubblicato un vero e proprio album in senso tradizionale. “The American Negro” è quindi, in qualche modo, il suo debutto e soprattutto, un disco importantissimo. È un lavoro che dettaglia la psicologia sistemica e malevola che affligge la gente di colore ed il risultato creativo più sofferto di Younge che disseziona la chimica dietro il razzismo cieco, usando la musica come mezzo per restituire dignità e autostima alla sua gente. Younge è un tipo che composto musiche per spettacoli televisivi come Luke Cage della Marvel e film come Black Dynamite. Possiede l’etichetta discografica/boutique, Linear Labs, ed è co-proprietario di Jazz Is Dead. Per The American Negro, Younge non solo ha scritto, ma ha suonato ogni strumento della sezione ritmica dell’album; ha anche diretto un’orchestra di 30 elementi e li ha registrati nel suo studio analogico. Se amate il soul classico di Marvin Gaye, il jazz di Roy Ayers ma anche le ultime produzioni più moderne di cose tipo Mourning [A] BLKstar e Sault, è il disco per voi.
SERENA ALTAVILLA “Morsa”
Black Candy Records
Con “Morsa”, arriva finalmente al suo esordio solista in italiano, Serena Altavilla, da tanti ormai una delle voci più preziose del nostro paese. Prima con i progetti art/rock Baby Blue/Blue Willa, poi con i Solki, passando tra mille collaborazioni, tra cui Mariposa e Calibro 35, Altavilla ha sempre dimostrato una versatilità fuori dal comune ed un timbro pulito e affascinante che rimanda agli anni ‘60/’70. Proprio con i Calibro, nel 2013 alla Pergola di Firenze, fu eccezionale come ospite in occasione di “Indagine sul cinema italiano del brivido”. Era la prima volta che la sentivamo cantare nella nostra lingua e speravamo che prima o poi questo diventasse il suo nuovo percorso. Abbiamo dovuto aspettare otto anni e, grazie anche all’aiuto in fase di scrittura di Patrizio Gioffredi (collettivo John Snellimberg), quelle parole che erano sulla punta della lingua sono finalmente uscite e diventate “Morsa”. La produzione, ben equilibrata e mai invadente, è stata curata da Marco Giudici (Any Other), mentre i musicisti coinvolti ruotano attorno alla figura di Enrico Gabrielli e dei Calibro 35, oltre allo stesso Giudici, la compagna di progetto Adele e altri. Se la voce di Serena rimanda a quella delle grandi voci femminili italiani degli anni ’60, i suoni sorprendono per freschezza e attualità, indagando in chiave moderna tra pop, inserzioni elettroniche, arrangiamenti raffinati e musica leggera. Abbiam dovuto aspettare un po’, ma ne è valsa la pena.
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In copertina Arlo Parks