THE NOTWIST “Vertigo Days” Morr Music
Non sono molte le band che hanno avuto un percorso come quello dei The Notwist. Dopo una primissima parte di carriera hardcore-punk, la band formata dai fratelli Markus e Micha Archer proveniente da Weilheim, paese vicino a Monaco, inizia a sperimentare nuovi suoni prima con “Shrink”, nel ’98, poi con “Neon Golden”, disco della consacrazione uscito nel 2002 in perfetto equilibrio tra pop, elettronica, krautrock e sperimentazioni. Usciranno altri dischi da quel 2002 a oggi, tra cui “Superheroes, Ghost-Villains & Stuff”, eccellente live che posizione la band tra le migliori fra quelle che abbiamo avuto l’onore di vedere dal vivo, anche più di una volta. A sette anni dall’ultimo album in studio e dopo varie collaborazioni, The Notwist arrivano a questo nuovo “Vertigo Days”, disco ricco di novità – il trio si è allargato – e in cui, partendo da improvvisazioni la musica converge sotto un’aura collettiva, fra astrazioni e magie kraut-pop. Molti gli ospiti, tra cui Saya del pop duo giapponese Tenniscoats, Ben LaMar Gay, Juana Molina e la super clarinettista jazz Angel Bat Dawid del giro International Anthem. “Vertigo Days” è un disco coraggioso, poetico e ricco di vita. La miglior cosa dai tempi di “Neon Golden”.
THE DUST & THE DUKES “The Dust & the Dukes” Santeria
Il primo disco è evidentemente un piatto da servire freddo. Vincitori del Rock Contest, edizione 2017 di quelle in carne e ossa dove ci si ritrovava pigiati alla finale, i fiorentini The Dust & the Dukes hanno utilizzato questi anni per lavorare con cura ai suoni e all’immaginario del loro omonimo esordio, anticipato da una serie di singoli – tra cui l’ultimo Bueno’s – che ci aiutano ad entrare nel loro mondo abitato da suoni acidi, crepuscolari e desertici. Come se il power trio di Firenze, composto dall’italo-americano Gabriel Stanza (voce, tastiere, tromba), Enrico Giannini (chitarre) e Alessio Giusti (batteria e percussioni) fosse nel New Mexico. “The Dust & the Dukes” è composto da dieci brani che affondano le proprie radici nell’Americana per poi intraprendere vicoli meno bazzicati tra heavy blues – con richiami ai Dead Weather di Jack White e Alison Mosshart – rock’n’roll puro e selvaggio in stile The Rolling Stones, carica emotiva, ossessiva ed ombrosa del Nick Cave con i The Bad Seeds, e poi desert-rock, country moderno e momenti cinematici. Ospite all’organo Hammond, Uberto Rapisardi dei The Veils. E se avete una certa ritrosia verso i gruppi italiani che cantano in inglese perché temete un becaëuse di troppo, non temete, la pronuncia ed il cantato di Gabriel, che infatti è italo-americano, è perfetto.
AARON FRAZER “Introducing…” Dead Oceans/Easy Eye Sound
Solo pochi mesi fa scrivevamo di quanto fosse bello il disco di Durand Jones & The Indications. Buona parte del merito è da attribuire ad Aaron Frazer che, del progetto, è polistrumentista e co-cantante assieme allo stesso Jones. Oggi Frazer, con quel look un po’ così come se fosse uscito da Ritorno al futuro nel momento in cui Marty McFly incontra il padre nel ’55, e soprattutto con una voce unica e senza tempo, arriva al suo debutto solista con “Introducing…” con la produzione e la benedizione di Dan Auerback dei The Black Keys. Composto da dodici canzoni, il disco fonde il soul classico degli anni ’60, raccontando di storie d’amore in chiave disco, gospel e doo-wop (‘Have Mercy), di messaggi tipici della scrittura di Gil Scott-Heron (la bellissima ‘Bad News’) oppure incontrando la sensibilità dello stesso Auerbach (‘Over You’). Prodotto in una settimana presso lo studio di Dan a Nashville, il disco è anche il frutto di una serie di collaborazioni e turnisti incredibili, musicisti che in passato hanno partecipato alla registrazione di classici come ‘Son of A Preacher Man’ di Dusty Srpingfield e ‘You Make Me Feel Like A Natural Woman’ di Aretha Franklin, membri del giro Daptone e Bg Crown, oltre al batterista Sam Bacco. Soul di lusso, quello di Frazer, e album bellissimo.
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