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C’era una volta (fare) l’amore

amore in pandemia

illustrazione: Piovono cocomeri - Maurizio Tibaldi

di Tommaso Ciuffoletti

L’hai fatto il tampone? 
Sì, ieri: negativo. E te?
Io oggi, negativo anche io.
E allora si fa all’amore. 

Perché non è proprio semplicissimo al giorno d’oggi, avere quei rapporti occasionali che già prima non è che fossero all’ordine del giorno. Parlo con i miei amici e le mie amiche single e vengono fuori vicende mica banali. E del resto come potrei non capirli.

Sono nato in un paese cattolico dove una vaga idea che non fosse opportuno darla via con troppa leggerezza, aleggiava ancora negli anni ’90 nonostante i balletti di Non è la RAI. E sono nato a Firenze, bambino, ma cosciente, quando la paura del Mostro agitava la campagna “Occhio ragazzi“. Il cui sottinteso era “occhio ragazzi a fare l’amore in campagna che c’è questo pazzo assassino a piede libero che non si sa mai“. 

Erano anni in cui i genitori fiorentini s’inventavano sabati sera al cinema per lasciare casa libera ai pargoli “che se proprio devono farlo, meglio che lo facciano a casa, piuttosto che in camporella”.

E intanto però arrivava l’HIV e c’era una pubblicità in cui alcune persone erano circondate da un alone rosa che ne segnalava la sieropositività, nel mentre che camminavano in mezzo ad altri che invece non avevano alone alcuno. “AIDS se lo conosci lo eviti. Se lo conosci non ti uccide”. E a suo modo fu efficace se ancora me la ricordo (e ce la ricordiamo in tanti). 

Ma amor vincit omnia, come dicevano i latini, e così negli anni successivi si diffondeva l’uso del preservativo e i compagni di merende andavano a processo. 

E intanto spuntavano programmi TV come “Il gioco delle coppie”, “Colpo di fulmine”, “Uomini e Donne”, “The Box” antesignani per certi versi, dei reality show. 

Programmi in cui la TV cercava di farsi cupido di nuovi amori. Tutto questo prima che l’avvento dei social network facesse il passo successivo e più radicale, tanto che oggi c’è chi preferisce Tinder perché “almeno si fa prima”. E qua confesso la mia vecchiaia, ma io su Tinder non ho mai avuto il coraggio

Nel mezzo ci sono gli evergreen. A partire dagli annunci che La Nazione teneva nella pagine interne con A.A.A di nuovo a Empoli Silvana, brasiliana grande bocca piedi bellissimi sì preliminari (e magari in prima pagina c’era un servizio indignato contro la prostituzione). E c’è anche questo mito di Firenze città di rinomata spensieratezza etero ed extra, dagli anni d’oro delle Cascine e del Tabasco, ma anche di discreto perbenismo, dato che a questa nomea non s’è mai accompagnata una storica presenza organizzata dei movimenti lgbtetc..etc..

Ma il 2020 lo abbiamo passato per buona parte in casa e il 2021 non è iniziato meglio. Abbiamo imparato concetti come “distanziamento sociale” e subito e praticato diffidenza verso il prossimo. Abbiamo avuto cura di aver cura per gli altri, specie chi ha genitori un po’ in là con gli anni.

Seghe? Sicuramente tante. E credo l’acquisto di balocchi vibranti non sia stato di troppo inferiore. Però poi c’è chi non si arrende e ancora ci prova

“Ho comprato un set di tamponi rapidi, almeno sto tranquillo” mi dice uno dei più incalliti. “L’altro giorno ho imbroccato una alla Coop (e del resto la Grande Distribuzione Organizzata oggi è uno dei pochi luoghi della seduzione rimasti), ma poi tanto non potevo invitarla da nessuna parte e addio” sospira quello più arrendevole. 

Io mi guardo intorno, ripenso ai bunga bunga e al far l’amore sui prati. Come fossero mondi lontani, ere distanti da quella in cui viviamo. E tra le tante ragioni che definiscono tragici i tempi che viviamo, non sembri banale riservare un posticino anche all’amore, all’eros, che oggi sopravvive tra tamponi e siti porno e che speriamo un giorno possa tornare almeno a uscire di casa anche lui. 

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