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Scary Movies – Il ritorno al futuro di Kropotkin

Francesco D’Elia (già nei Sex Pizzul e ne L’Orchestrina di Molto Agevole di Enrico Gabrielli) ci presenta “Scary Movies – vol. 1”, un EP uscito da pochissimo figlio del suo progetto solista Kropotkin e della sua instancabile passione cinefila.

Sdoganata da serie ormai di culto come Stranger Things, in tempi recenti la synthwave ha fatto riscoprire capolavori dimenticati, partorendo nuovi adepti. Perché abbracciare questo genere?

Direi perché ho iniziato ad approfondire lo studio su sintetizzatori ed elettronica, per cui è venuto abbastanza naturale. Inoltre, la synthwave è un genere che all’estero è rimasto vitale sin dalla fine degli anni Zero sino ad oggi (in Italia assai meno), quando finalmente è riesploso, basti pensare a come è tornato in auge in hit planetarie come “Blinding Lights” di The Weeknd. E poi perché è senza dubbio il genere più visionario ed immaginifico, per cui perfetto per un’operazione come quella che ho compiuto io.


Un EP composto da tracce conosciute e qualche perla un po’ più nascosta. Ci descrivi in due parole cosa ha significato per te aver visto (e rivisto) ognuna di queste 5 pellicole?

Semplicemente riviverle ogni volta in maniera differente ma, al contempo, sempre totalizzante. Vado, dunque, in ordine di tracklist. “The Social Network”, per quanto sia una commedia, narra di un furto bello e buono che ha cambiato la vita di tutti, poi accomodato con una transazione che, lo si dice alla fine del film, è semplicemente “una multa per eccesso di velocità”, e questo non può, se non far paura, quanto meno non far riflettere. La soundtrack di Trent Reznor e Atticus Ross, premio Oscar peraltro, è un vero e proprio motore narrativo, si veda la trascinante sequenza all’inizio del film. “Dark”, la titanica serie tv tedesca, è stata semplicemente un viaggio oltre l’impossibile (anche oltre la fantasia sfrenata degli sceneggiatori) nel quale mi sono immerso totalmente e i titoli di testa firmatiApparat ft. Soap & Skin (nonché l’intera soundtrack firmata Ben Frost) sono eleganza pura di produzione e arrangiamento, che spero di non aver involgarito troppo. “It Follows” è semplicemente uno dei più bei film degli ultimi anni ed è horror puro, tra i migliori di sempre, lì l’elettronica di Disasterpiece è puntuale, spaventosa quando serve, grandiosa quando occorre, in una parola, geniale. “Tenet”, per quanto ami Nolan pressoché incondizionatamente, mi ha in parte deluso ma mi ha ugualmente coinvolto e la sensazione di totale straniamento e vertigine che vive il protagonista l’ho davvero vissuta in prima persona. Il brano di Travis Scott e Ludwig Göransson sui titoli di coda, da cui ho preso ispirazione, è, inoltre, un’ottima sintesi tra soundtrack e sonorità pop/trap contemporanee. “Apocalypse Now”, infine, a cui mi sono ispirato per il brano più “peso”, è nella mia top 5 in assoluto, un film talmente fuori di testa che non può non sconvolgerti, una visionarietà mai più vista al cinema e una sensazione di giudizio universale che si può ritrovare forse solo in Carpenter.

Nella traccia “Goodbye” sono presenti anche delle special guest note a LA SCENA fiorentina. Ci vuoi parlare di loro?

Certamente, e anzi colgo l’occasione di ringraziarli nuovamente per la loro straordinaria disponibilità. Vanessa Billi è una cantante estremamente versatile, che passa dal garage punk delle Cleopatras allo shoegaze etereo dei We Melt Chocolate, e proprio quest’ultima attitudine mi pareva indicata per “rifare” Soap & Skin, voce del brano di Apparat, benché il timbro di quest’ultima sia molto più scuro e contraltistico. E infatti Vanessa è stata perfetta, in un quarto d’ora ha fatto tutte le voci e, una volta che le ho montate, ho avuto un brivido perché ho sentito davvero il timbro e l’interpretazione che immaginavo ancor prima di arrangiare il brano; ho provato per scherzo a metterci l’autotune, che ho poi levato subito perché non spostava di un millimetro l’intonazione. Pensavo poi ad un basso acustico e per questo avevo pensato a Dario Bracaloni, che suona negli Aquarama e che ha invece (e saggiamente) messo due chitarre, una slide che riprende l’inciso tematico sia per moto retto che per moto contrario e una più ritmica, decisiva per il groove del brano. Ho pensato a lui perché, se penso ad una band che ha chiaro il concetto di “coolness” e che scrive le parti strumentali con attenzione certosina, penso agli Aquarama. E anche qui non ho dovuto aggiustare di un millimetro le parti che mi ha mandato.

Hai fatto (quasi) tutto da solo nella tua cameretta, in puro stile DIY. E’ un’esperienza che consigli?

Certamente, quando si fa di necessità virtù, i risultati sono sempre più soddisfacenti e, almeno io, ho visto un mondo spalancarmisi davanti, che mi ha fatto venire ancora più fame di imparare e “sperimentare”. È come giocare ad un videogioco in cui sei contemporaneamente ideatore, sviluppatore e protagonista, che cosa desiderare di più?

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