di Michele Baldini e Virginia Landi
Se come dice Nanni «le parole sono importanti» bisogna ogni tanto mettere un punto.
Questo 2020 è stato un anno pieno di parole (oltreché disgrazie) motivo per cui abbiamo pensato di fare un piccolissimo sunto di quelle che ci porteremo dietro, perlomeno nel 2021. O meglio, più che parole termini, che si sono insinuati (grazie o per colpa del Covid, seppur indirettamente) nella nostra vita comune (e di massa) da zero; perché alieni (lockdown, new normal, social bubble, streaming) oppure che hanno assunto un significato diverso da quello comune (tamponare, positività) o sono diventate vittime di meme e storpiature (Focolaio vs Focolare, Smart Working vs smartuorki, Assembramento vs Assemblamento) o hanno infine materializzato l’angoscia (pandemia, virus, indice di mortalità, paziente zero). E gli acronimi come DAD, FAD, DPCM? Come dimenticare poi gli hashtag (#celafaremo, #andratuttobene, #distantimauniti, ma anche #blacklivesmatter)? Insomma non se ne veniva a capo.
Di seguito alcuni spunti tra i più istituzionalizzati; noi nel frattempo andiamo a panificare e a fare “attività fisica all’aperto” (ma con la mascherina!), pensando alla nuova rubrica che troverete presto sulle pagine di Lungarno.
DPCM /dippittʃi’èmme/ acr. (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri).
Spesso mal pronunciato e mal trascritto in DCPM è la misura con cui il Presidente del Consiglio Conte ha nel corso dell’anno (e dello stato di emergenza) tradotto in legge le progressive restrizioni o allentamenti per il contenimento del virus COVID-19. Associato sempre più spesso a un crescente stato di ansia che si prolunga dalla comunicazione quotidiana del bollettino pandemico alla successiva pubblicazione dello stesso.
Smart /smɑɹt/ dall’inglese Smart (brillante, capace, attivo).
Da solo o associato alla parola working /ˈwɜːkɪŋ/ e mal tradotto smarworky o smartuorki è diventato particolarmente comune nel 2020 nel definire il telelavoro o “lavoro agile”. Per analogia e dozzinalità riassume il concetto di lavoro da casa, senza precisi orari né spazi, in condizioni di frequente affanno, frustrazione, incompiutezza, in opposizione al significato originario. (Es. “Mi hanno messo in smart”).
DAD – FAD /ˈdad/,/ˈfad/ acr. (didattica a distanza, formazione a distanza).
Insieme delle attività di insegnamento all’interno di un progetto educativo che prevede la non compresenza di docenti e studenti nello stesso luogo fisico. L’alternativa utilizzata per colmare il vuoto didattico, viene prevalentemente svolta tramite piattaforme on-line per videoconferenze come Zoom, Meet e Google Classroom, strumenti indispensabili per i due termini. Tra gli effetti generati da questa pratica si riscontrano, alternati: gioia, avvilimento e stati confusionali diffusi che hanno accompagnato la fine e l’inizio dell’anno accademico 2020. Da non confondere con la parola inglese Dad /ˈdæd/ (padre, papà), o con i meme su “Daddy Conte”.
Positivo /po·ṣi·tì·vo/ (valido, buono, effettivo).
Contrapposto a negativo, può indicare la “conferma” relativa alla prevedibilità di un risultato (“l’esame è stato p.”), o anche il sussistere di conseguenze favorevoli in corrispondenza di dati o fatti direttamente controllabili (“i lati p. della situazione”). Generalmente utilizzato anche per descrivere uno stato d’animo o situazione favorevole, oggi rappresenta, al contrario, un persistente “stato d’allerta” provocato dall’attesa di un risultato diagnostico o motivo di spiritosaggini in attesa di un esito qualsiasi. (Es. “Non essere così p.”).