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Un’assenza spettacolare. I lavoratori dello spettacolo sono scesi in piazza.

protesta

I lavoratori dello spettacolo hanno manifestato questa mattina in piazza Santissima Annunziata per protestare contro l’ultimo DPCM che ha disposto la chiusura di cinema e teatri addensando le nubi minacciose che già erano presenti nel futuro dei tanti lavoratori che con l’arte e la cultura ci mangiano. “Cosa facciamo adesso?

È questo l’interrogativo strisciante che si respira in una piazza piena, civile, rispettosa ma ferma nel suo intento di lanciare un allarme: così si uccide la cultura

Presenti anche le istituzioni locali, che hanno voluto dare un senso di vicinanza pur affermando la pressoché totale mancanza di spazio di manovra. L’assessore alla cultura, Tommaso Sacchi ha preannunciato che questo grido di dolore arriverà da subito sui tavoli del Governo affinché sia predisposto un meccanismo di ristoro che vada oltre i giorni della chiusura e che tenga conto che quello della cultura e dello spettacolo è il settore che più ha pagato il prezzo della pandemia. Antonio Mazzeo, Presidente del Consiglio della Regione Toscana ha promesso che quelle poche risorse a disposizione della regione saranno messe a disposizione dei lavoratori. 

PROTESTA

Le grida di dolore dicevamo. Questo mondo, che è il più capace di tutti di esprimersi in maniera creativa, ha portato in piazza queste grida sotto forma di canto lirico sulle note del “Va, pensiero” in uno dei momenti più toccanti della mattinata nel quale cantanti, attori, ballerini, giostrai, fonici, registi si sono uniti in un canto di dolore e di liberazione

Tanti hanno dovuto sostenere spese per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, addirittura al Teatro dell’Opera i lavoratori hanno utilizzato le stesse attrezzature del personale sanitario: visiere, tute. Poi l’improvvisa chiusura di tutto ciò che si è reputato “non essenziale”. “L’arte accende l’animo umano, non potete chiuderla” urla disperata una donna, poi passa una bara portata da due becchini mascherati, ci si sdraia per terra senza muoversi; va in scena il funerale della cultura e tutti moriamo un po’ dentro.

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