Tutto è cominciato con la morte di George Floyd per mano della polizia: da questo tragico fatto a Minneapolis è partita una protesta globale al grido di Black Lives Matter, che sta scuotendo gli Stati Uniti e non solo. Manifestazioni ci sono state da una parte all’altra del globo. Perfino il ricco e potente mondo dello sport a stelle e strisce si è mobilitato: l’Nba si è fermata, la tennista del momento Naomi Osaka ha sfoggiato durante gli Us Open sette mascherine con i nomi di altrettante vittime delle brutalità della polizia.
“Quando mi è capitato di viaggiare negli Stati Uniti e mi spostavo in auto, ero terrorizzato di essere fermato dalla polizia: lì appena ti muovi, ti sparano”. A parlare così è il pugile Leonard Bundu: mamma fiorentina, papà sierraleonese. Nato a Freetown nel 1974, si è trasferito a Firenze nel 1990 quando in Sierra Leone scoppiarono dei disordini. Nella sua brillante carriera di pugile ha avuto spesso occasione di visitare gli States. “Qui in Italia non siamo a quei livelli, io mi sento tranquillo se mi fermano per strada. Noto però che le persone non hanno più paura di esprimere il loro pensiero, si sentono autorizzate a dire cose di cui prima si sarebbero vergognate in pubblico” sottolinea di fronte agli episodi crescenti di razzismo anche a casa nostra. E aggiunge: “Negli Stati Uniti questo avviene a causa di Trump e delle sue parole, da noi in Italia per Salvini”. E le parole dei leader politici hanno prodotto e stanno producendo gravi conseguenze: “Perfino da noi a Firenze ci sono stati tragici episodi nel recente passato, penso all’omicidio di Idy Diene sul Ponte Vespucci. Non sono momenti buoni quelli che stiamo attraversando”.
Visto che antidoti e soluzioni spicciole non ci sono, per lui è fondamentale in questo momento non dimenticare. Mai. “La gente scorda in fretta, è importante invece ricordare quanto è avvenuto e condannare in maniera decisa certi comportamenti” ribadisce Bundu.
Per essere ancora più esplicito nel suo pensiero, si affida ancora una volta all’esempio positivo offerto dal mondo dello sport. “Qualcuno ha accostato l’Mma alla boxe nella tragica vicenda di Colleferro e l’omicidio di Willy Monteiro. Niente di più sbagliato. Il pugilato insegna il rispetto dell’avversario. Quando l’incontro finisce non c’è astio tra i pugili. Ci sono tante persone che sono state salvate proprio dalla boxe. Ecco, la differenza la fanno i valori in cui crediamo e in cui ci identifichiamo. Sul ring come nella vita”.