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CIRO MASELLA E IL FUTURO DEL TEATRO

Ciro Masella

di Tommaso Chimenti

Stavolta abbiamo intervistato l’attore e regista Ciro Masella sul difficile periodo pre e post Covid.

Cosa hai fatto in questi mesi senza teatro?

“Ho riflettuto, sono stato in silenzio, mi sono concesso il lusso della noia, ho ripreso contatto con la parte più profonda di me, e in quella ho trovato quanto il teatro pervada ogni singola fibra del mio essere, quanto mi manchi, quanto sia necessario, di quanto ne sia innamorato”.

È fruibile il teatro online, recitato da casa?

“Il teatro è per sua natura incontro fisico, dei corpi, lo scambio in presenza tra esseri umani. Sullo schermo si fruisce il cinema, le serie tv, che hanno linguaggi diversi. Il teatro su uno schermo lo concepisco come documento. Spesso, chi ha pensato la ripresa di uno spettacolo teatrale ha dovuto interrogarsi sul come tradurre quel linguaggio. Anche riprendere il teatro è un’arte. Il documento a camera fissa è più difficile da seguire. In alcuni casi, restituisce una parvenza. Ma da casa, mi sento di dire, che non si fa teatro. Si possono produrre contenuti social, più o meno curati. Ma credo che sarebbe come pretendere di aver fatto il bagno in mare dopo essersi immersi in una vasca da bagno dove è stato messo il sale. Il mare è un’altra cosa e non è riproducibile in casa in questo né in nessun altro modo. È proprio altra cosa”.

Come pensi che il teatro italiano possa risollevarsi?

Se il teatro è luogo di contagio, di pensiero, di emozione, di Bellezza, per ora questa parola terrorizza, come spaventa il contatto umano, la vicinanza, quella paura in molti rimarrà. E per poterla vincere, il teatro dovrà essere un gesto forte e necessario di comunità, di condivisione. Non potrà più, non dovrà più essere fatto con sciatteria e pressappochismo. I teatranti si dovranno interrogare su come approfittare di questa crisi, per costruire un patto nuovo col pubblico all’interno di strutture lavorative nuove, di un sistema che non corra dietro alla produzione furiosa fine a se stessa, all’accumulo destinato alla pattumiera. Credo vada rifondato un sistema, per restituire a chi crea il tempo necessario e la possibilità dell’errore, del tentativo, il lusso del rischio, l’azzardo. Questo, come dice Baricco, è il tempo dell’Audacia e quella che ci viene offerta, al netto di dolore, fatica e sconforto, può essere una grande occasione. Per trasformare tutto questo in meraviglia”.

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