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Il pane a casa

pane fatto in casa

Fare il pane a casa sembra essere diventata una di quelle “nuove abitudini” che il susseguirsi di decreti restrittivi ha incitato e prodotto. Dribblando come posso i post più isterici e angosciati sulla diffusione del virus e sulle polemiche connesse, mi soffermo su quelli, accompagnati da foto di tutte le qualità, che propongono ricette e soluzioni di lievitati e panificati frutto della vita casalinga solitaria o familiare che tutti stiamo condividendo, seppur a distanza.

Ebbene, piuttosto incuriosito da questo strano epifenomeno (o effetto collaterale) dell’epidemia in corso, la domanda che mi pongo è la seguente: “chi tra le novelle e novelli fornaie e fornai ha capito cosa significa fare il pane?”
Eh sì, perché al di là di ricette più o meno ben congeniate, sane, calibrate, semplici o arzigogolate, da cuocere in forno a legna o elettrico, con lievito madre, li.co.li o di birra, farina 00, integrale, di semola o di grani antichi (e ne ho viste un po’ per tutti i gusti), ciò che mi ha sempre affascinato di un mestiere che va avanti da millenni e che per dieci anni ho fatto (non come fornaio ma come pizzaiolo, la pasta è la stessa) è la magia dell’unione tra farina e acqua.

La mano che unisce, che impasta e plasma è la stessa dello scultore, del ceramista e del bambino che gioca con il DAS. La mente che concepisce il pane, elemento chiave di ogni pasto e quindi elemento chiave della vita, nonché, per noi occidentali cristianizzati, dell’Eucaristia (il nostro modo cioè di ringraziare Dio per quanto ci dà), è quella creatrice, demiurgica. 

Il pane è la base, ecco perché – forse atavicamente – dal pane ripartiamo nei momenti di crisi, il pane è il vero metro per misurare la miseria e la qualità della vita. Il lievito originato, non a caso,  è Madre, colei che genera. 

Non do consigli su come prepararlo, ci sono online molte ricette migliori della mia e in ogni caso preferisco che l’interessato di turno me la chieda personalmente. Mi permetto un solo consiglio: usate la farina di semola come frizione (cioè per le mani e il banco da stesa). Si rimuove meglio (sporcando meno) e non si attacca al forno.

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