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Il Fintocolto Noir: Orti Oricellari tra omicidi e occulto

THE EXORCIST, poster art, 1973.

di Walter Tripi

Siete tra coloro che guardano film horror con la mano ben piantata sugli occhi, concedendovi solo fettine di strage per evitare un’intera notte a combattere con i fari delle auto che proiettano potenziali ectoplasmi sulle pareti di camera? 

Beh, c’è un giardino di Firenze che potrebbe dare qualche soddisfazione al vostro masochismo. 

Parliamo degli Orti Oricellari, a due passi da Santa Maria Novella, giardino di ritrovo per l’Accademia Platonica voluto dalla sorella maggiore di Lorenzo il Magnifico e dal marito Bernardo dei Rucellai, famiglia peraltro arricchitasi grazie ai tessuti di colore tipicamente rosso sangue. E così abbiamo aggiunto pure un po’ di splatter.

Solo a fine ‘500, però, questo luogo divenne una sorta di Sleepy Hollow del giglio: grazie al granduca alchimista Francesco I de’ Medici e alla compagna Bianca Cappello, zampillarono le celebrazioni negromantiche.  

Il climax della fifa si ebbe però quando, a metà ‘600, i possedimenti passarono al Cardinale Giovan Carlo de’Medici, che non disdegnava vizi e studi tesi tra scienza, arte e occulto. Il Cardinale – ottimo titolo per un Gothic – vide bene di trasferire le proprie passioni in una nuova conformazione degli Orti, la cui estetica cominciò a rifarsi ai percorsi iniziatici e richiamare costantemente l’alchimia. Tra i quattro elementi, l’acqua la faceva da padrona e perfino Polifemo, nella sua gigantesca statua ancora visibile, è raffigurato mentre beve da un otre. Buona la scenografia, Giovan.

Ciliegina sull’angoscia, però, non può che essere un omicidio: quello perpetrato proprio dal Cardinale ai danni di un rivale in amore, che dopo essersi lasciato troppo coccolare da vino e cibo, venne lasciato annegare nel profondo stagno che circondava il luogo dei banchetti. Ora, nonostante gli sforzi per gonfiare gli aspetti più macabri di questa storia, probabilmente non sono comunque riuscito a farvela leggere a fettine. In ogni caso, questa sera, al rientro a casa, io un’occhiata a specchi e soffitte la darei. 


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