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La pioggia a novembre

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Scrivere di pioggia a novembre può sembrare banale e quasi scontato. Appena pochi giorni fa abbiamo ricordato l’anniversario dell’alluvione di Firenze del ’66 e in questi giorni, come in quell’anno fatidico, Venezia è devastata dall’acqua alta.

La pioggia, pur essendo un fenomeno atmosferico naturale ha, forse più di altri eventi climatici, la capacità d’influenzare il nostro stato d’animo. E allora la mattina presto quando ci svegliamo e si sente l’acqua che batte sulle persiane, viene voglia di restare al caldo sotto le coperte, sfregando un piede nudo contro l’altro. Poi arrivano le responsabilità della vita, ci alziamo e affrontiamo un nuovo giorno. Le gocce scivolano sui vetri della tramvia tra curve e scossoni e il pavimento della carrozza si fa pericolosamente sempre più scivoloso. Palazzi Rossi, Torre degli Agli… fino a Unità. Il vecchio e il nuovo che convivono sotto lo stesso cielo grigio.

A Firenze novembre per l’appunto è il mese più piovoso dell’anno, con una media di 113 mm. Tra il 2006 e il 2018, gli anni più piovosi (considerando il periodo 1 settembre – 30 novembre) sono stati il 2010, 2012 e 2013 con una media di oltre 285 mm.

Una volta scesi s’inizia un percorso a ostacoli con le pozzanghere e gli ombrelli degli altri passanti. Davanti la mole scassata e quasi sovietica del vecchio hotel Majestic. Penso sempre: “ma com’è stato possibile costruire e abbandonare un tale orrore a Firenze?”. L’aria si apre sulla piazzetta degli Aldobrandini e l’eleganza delle Cappelle Medicee, scrigno di ossa e tesori d’oro e di pietra. Il lato della basilica di San Lorenzo con tre o quattro immancabili banchini di pittori di strada. La “base”, come la chiamavano i fiorentini, il blocco di marmo su cui siede Giovanni dalle Bande Nere.

Il retro di Palazzo Medici Riccardi e dritta davanti via de’ Pucci con l’enorme palazzo nobiliare che le da il nome. Di fronte un localuccio colorato da luci al neon, dove la sera si vende alcol a basso costo per turisti che si spogliano nudi in strada.

Via de’ Servi e la sua fuga verso la SS. Annunziata e poi una stradina torta e quasi nascosta, via del Castellaccio. Perché questo nome insolito? Sembra per via delle rovine di una torre della famiglia ghibellina dei Molognani, abbattuta dai guelfi nel 1312.

Ed ecco lo slargo di piazza Brunelleschi, con la Rotonda riedificata nel 1939 e quella cancellata dell’Università che tanti conosceranno bene.

Mi viene in mente quella scena di Amici Miei atto II, quando il Melandri entra nel bar Necchi e dice: “Salve ragazzi! Tempaccio eh? Non fa che piovere… Ma quant’è che piove? En beh sarà quasi una settimana che non smette di piovere”. Appunto…

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