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Erasmus mon amour

L’Unione Europea oltre ad avere il grande merito di aver prosciugato i conflitti tra gli stati del continente, è riuscita nel tempo a creare amore tra i popoli, e persino nuova vita. Letteralmente. Tutto questo anche, se non soprattutto, grazie all’Erasmus ovvero la possibilità per gli studenti universitari europei di trascorrere un lasso di tempo – dai 3 mesi ad un anno – presso un altro paese proseguendo il proprio percorso di studi e conoscendo nuove persone e nuove culture. «L’Erasmus ha creato la prima generazione di giovani europei. Io la chiamo una rivoluzione sessuale, un giovane catalano incontra una ragazza fiamminga, si innamorano, si sposano, diventano europei come i loro figli», disse Umberto Eco.

In poco più di tre decenni di Erasmus (iniziato il 14 maggio del 1987, ndr) circa 5 milioni di ragazzi sono andati a studiare oltreconfine, aggiungendo anche gli scambi tra giovani, gli studenti dei professionali, i docenti, i volontari e il personale Erasmus Mundus, la cifra arriva a circa 10 milioni.

E oltre un milione di bambini sarebbero nati da coppie conosciutesi durante il soggiorno di studi all’estero. Solo nell’Università di Firenze nel biennio 2015-2016, secondo le rilevazioni dell’agenzia Erasmus+/Indire, ci sono stati oltre mille studenti in partenza per un’esperienza all’estero, mentre l’Università di Pisa poco più di 800 (entrambi gli atenei si trovano nella ‘top 10’ d’Italia, al settimo e ottavo posto, ndr.).

Le destinazioni più ambite sono Spagna, Germania,Francia e Portogallo per la mobilità a fini di studio.

Ma la Toscana, in particolare Firenze, è soprattutto una meta privilegiata per gli studenti stranieri: nel biennio 2015-2016 risultano 1.713 studenti ospitati di cui il 70% studentesse, arrivati da Spagna, Germania e Francia.

Ad attirare gran parte degli studenti stranieri è la ricchezza di arte e architettura presente nel nostro territorio.

E fu proprio una studentessa straniera di architettura a farmi conoscere “l’effetto Erasmus”. Nei primi anni del 2000, mentre la moneta unica si consolidava, conobbi il mio primo grande amore giovanile. In una casa di viale dei Mille vivevano tre ragazze spagnole e una lituana, tutte impegnate nell’esperienza estera di studi, e due italiane fuorisede. Ricordo che le ragazze spagnole lamentavano il grande carico di lavoro dell’università italiana, mentre la lituana si godeva una sorta di vacanza stupendosi del fatto che molti studenti di Architettura del secondo anno ancora non sapessero disegnare a mano un palazzo. Scoprii presto che Estonia-Lettonia-Lituania non erano solo la filastrocca imparata a memoria alle scuole medie durante le ore di geografia.La ragazza lituana si chiama Renata. Da quando aveva 16 anni ha vissuto fuori dalla casa dei genitori pagandosi un affitto e studiando, fu lei a farmi conoscere i primi social network, la zuppa di funghi servita dentro un cestino di pane nero e la loro “rivoluzione cantata”del 1988 per l’indipendenza dei Paesi Baltici da Mosca, dove da Tallinn a Vilnius, passando per Riga, i cittadini dei tre paesi realizzarono una gigantesca catena umana tenendosi per mano e riunendo così le tre capitali dell’est Europa.

Dopo i 6 mesi di Erasmus lei tornò in Lituania e continuammo a stare insieme visitandoci di tanto in tanto. Feci il bagno nel mar Baltico, sulle spiagge ricoperte da piccoli frammenti di ambra, visitai Vilnius durante un coloratissimo festival di musica di strada, ammirai la statua del lupo meccanico che apparve in sogno al fondatore della futura capitale lituana e mi stupii dei supermercati aperti h24 (a quel tempo erano più assurdi del lupo meccanico). Dopo alcuni anni, si trasferì ad Oslo e la nostra storia finì.

Sempre a Firenze Francesco conobbe Kristina, anch’essa studentessa Erasmus di Architettura, ma la loro storia andò diversamente dalla mia. “Ci siamo conosciuti una decina di anni fa– racconta Francesco – e dopo qualche anno ci siamo trasferiti a Londra, un po’ per cercare più opportunità lavorative un po’ perché Kristina voleva vivere in una grande metropoli. A Londra ci siamo sposati e dopo poco abbiamo avuto due gemelli, Karl e Nicholas, che oggi hanno un anno e mezzo e la cittadinanza italiana. A breve faremo richiesta anche per quella lituana”.

Anche per Lucia e Alberto, Firenze è stata una meta importante: lei studiava da fuorisede, lui in Erasmus dalla Spagna. Si sono conosciuti e innamorati ad una festa universitaria e oggi vivono a Barcellona. “Maria, nostra figlia, ha tre anni. Vorremmo avesse la doppia cittadinanza, ma il governo di Madrid concede la cittadinanza spagnola solo se si rinuncia a quella precedente, per questo ha solo quella italiana. Ma sta comunque crescendocome cittadina europea, proprio come ci sentiamo noi, nonostante la cittadinanza”.

MariaKarl, Nicholas e tutti i bambini nati per “l’effetto Erasmus” sono forse la prima generazione di cittadini veramente europei, quelli che probabilmente non riusciranno mai a pensare all’Unione come ad un groviglio di confini, frontiere e muri. Ma c’è anche chi vede altri aspetti della stessa medaglia, finendo per ribattezzare il progetto Erasmus in “Orgasmus”, ovvero un semplice insieme di feste a base di sesso e sbronze in una sorta di nevrosi dissociativa (“The Ultimate Erasmus-Orgasmus Experience” è il titolo di un post apparso sul sito The Oxford Student, solo per fare un esempio tra i tanti). Insomma, solo fattori positivi.

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