Pochi sanno della piccola e appartata biblioteca di Storia dell’Arte di via della Pergola. E ancora meno persone conoscono la sua affascinante storia.
La biblioteca si trova all’interno della chiesa sconsacrata dell’Orbatello e fa parte del complesso fatto erigere dal 1372 dal ricchissimo banchiere Niccolò di Jacopo degli Alberti che, animato da un grande amore per il prossimo o forse intenzionato piuttosto a riscattarsi pubblicamente dal peccato di usura, progettò un Ospizio che comprendeva oltre alla chiesa alcune abitazioni destinate a persone povere e bisognose.
Dalla metà del XV secolo il complesso iniziò a caratterizzarsi come luogo di assistenza femminile, accogliendo vedove solitarie, giovani ragazze prive di dote e orfane dal vicino Ospedale degli Innocenti. Mantenne a lungo il carattere di rifugio femminile e dal 1704 iniziò ad ospitare anche le cosiddette “gravide occulte” che trovavano lì un luogo protetto dove partorire in segreto.
Una storia al femminile dunque, affascinante e sconosciuta, che racconta di un luogo laico di accoglienza e di una dimora sicura per donne in difficoltà. Intenzionate a valorizzare questa bella storia, Erica Romano e Silvia Bellotti hanno pensato di riunire le opere di dieci artisti da tutta Italia in una mostra intitolata “In punta di piedi” che invita ad uno sguardo discreto su opere allestite in un luogo adibito allo studio e al silenzio.
Ogni mese vengono inaugurate nuove ricerche che si aggiungono alle precedenti e intrecciano un dialogo con la natura storica del luogo rileggendo i temi della maternità e dell’accoglienza.
Ad oggi sono presenti le opere di Raffaele di Vaia, Tiziano Doria, Adriana Amoruso e Gabriella Furlani e giovedì prossimo alle 17 si aggiungeranno quelle di Rosita D’Agrosa.
A seguire verranno presentate le ricerche di Sara Colzi e di Federica Rugnone (con un opening alle ore 17 di giovedì 16 maggio) e di Chiara Spatano (30 maggio).
Il 13 giugno sarà possibile svolgere una visita guidata con le curatrici del progetto e infine il 27 giugno verrà presentato il lavoro di Franco Ionda accompagnato dalla performance di Miriam Bettarini e Franco Spina.