Storie

MALEDETTA PRIMAVERA: Resistere alla stagione degli amori 

By Redazione Lungarno

February 26, 2019

 di Laura Campiglio 

Mettetevi in salvo, chiudetevi in casa, sbarrate porte e finestre: l’inverno è finito e lequinozio è vicino, ma soprattutto lamore è in agguato. Sono le stagioni, bellezza: tocca dire addio all’eleganza maestosa dell’inverno, alla morbida corazza del cappotto, al fascino crepuscolare di certi aperitivi sotto il cielo pazzamente stellato delle sette di sera. Ma questa è una questione marginale. Quella centrale, di questione, è che tocca prepararsi all’attacco che ogni anno la primavera sferra al genere umano: sta per aprirsi la stagione degli amori, il che – se fossimo creature dotate di buon senso – dovrebbe farci tremare come pernici all’apertura della stagione venatoria.  

Accantoniamo per un attimo l’allegoria botticelliana della fanciulla biondocrinita che graziosamente sparge intorno a sé infiorescenze aulentissime e iniziamo a guardare la primavera per quello che realmente è: un pericoloso cecchino che spara allimpazzata scariche di ormoni micidiali. Sì, perché la storia della stagione degli amori, purtroppo, è vera: ce la dicevano le nostre nonne, ce la conferma l’endocrinologia. A causa dell’aumento delle ore di sole, il corpo secerne una serie di ormoni che ci rendono più esposti a quel pernicioso morbo (non lo dice la sottoscritta ma Platone, vedi un po’ l’auctoritas) che è lamore.  

A cominciare dalla dopamina (pensateci: quando nella vostra vita sta per iniziare un solenne casino, il solenne casino quasi sempre inizia con sonore scariche di dopamina). La dopamina, maledetta, inizierà a mettervi in circolo un inopinato buon umore, una certa effervescenza, un indefinibile languore di vita, e se non la tenete a bada in breve vi sentirete euforici come una casalinga americana strafatta di Prozac e Manhattan che balla in salotto alle quattro del pomeriggio.  

Ma non basta: il caldo aumenta, la pelle si scopre e i ferormoni, maledetti anche loro, sono liberi di far danni. Un tizio che in condizioni normali non avreste degnato di uno sguardo potrebbe improvvisamente sembrarvi gradevole, simpatico e attraente solo perché i suoi ferormoni piacciono ai vostri recettori: con guanti, sciarpa e cappello non sarebbe successo. Quanto agli ormoni legati alla riproduzione (FSH, LH, estradiolo, progesterone, prolattina, testosterone etc.) è presto detto: ne produrrete una valanga, perché la natura vuole che adesso, qui e ora, vi mettiate d’impegno per far registrare alla curva della natalità una poderosa erezione. Il che, detto in soldoni, significa che potreste avrete voglia di fare sesso più o meno con tutto quello che si muove.  

La ragione di tutto questo è abbastanza intuitiva: immaginatevi di far parte della sciagurata stirpe dei Neanderthal e di vivere in una selva ostile, completamente in balia di una natura matrigna e feroce. I vostri figli avrebbero avuto più chance di sopravvivere e conservare la specie se fossero nati nella stagione fredda (diciamo dicembre, cioè nove mesi dopo marzo) e, dopo un certo periodo nella tana attaccati al seno materno, avessero fatto il loro ingresso nel mondo in primavera o in estate, con un clima mite e una maggior disponibilità di cibo. Queste sono le ragioni per cui nell’anno domini 2019, in un’epoca che dovrebbe essere civilizzata, se vogliamo ignorare certe sparate del governo, luomo preistorico che è in voi scalpita perché vi adeguiate al clima di impollinazione generale. Anche gli spiriti più elevati hanno barbaramente ceduto ai bassi istinti che marzo ispira, se è vero com’è vero che Pablo Neruda – autore abusatissimo quando si tratta di amore e amorazzi – informava la destinataria dei suoi versi di voler fare con lei ciò che la primavera fa con i ciliegi.  

Ma voi lasciate perdere Neruda e date retta al migliore di tutti, quello che canta che dinverno è meglio/ la donna è tutta più segreta e sola/ tutta più morbida e pelosa/ e bianca, afgana, algebrica e pensosa/ dolce e squisita, è tutta unaltra cosa.  

Paolo Conte docet: godetevi la primavera, per lamore se ne riparla tra sei mesi.